Lo smartphone sta uccidendo le nostre relazioni. Lo sapete tutti, ma per fare la prova del fuoco basta mettere il naso fuori dalla porta di casa o guardare con un po’ di coraggio all’interno delle proprie mura: passiamo più tempo a guardare il cellulare che le persone davanti a noi. Nascondersi è inutile: siamo tutti colpevoli e nessuno può scagliare la prima pietra.
È un riflesso pavloviano, completamente incondizionato. Pensateci bene perché è successo anche a voi – più di una volta – di sentire quell’irrefrenabile bisogno di controllare il cellulare nel bel mezzo di una cena: anche se vi trovate con gli amici più cari, il partner o vostro figlio. E poco importa che non foste in ansia perché aspettavate quella telefonata che avrebbe cambiato la vostra vita.
La verità è che non possiamo più farne a meno. Il paradosso è evidente: diamo più attenzione a chi non c’è che alle persone di fronte a noi. Il problema è che non si tratta della parabola del figliol prodigo applicata alla lettera, ma della distanza che si sta scavando tra le relazioni virtuali e quelle reali. Si inseguono modelli che semplicemente non esistono.
Gli inglesi sono arrivati a coniare un neologismo per questo fenomeno che chiamano “phubbing”, la crasi perfetta di “phone” e “snubbing”. Il significato è semplice: ignorare qualcuno preferendogli il telefono.
Secondo una ricerca dell’Università di Baylor in Texas, il 46% delle persone in una relazione sentimentale è stato vittima di “phubbing”. D’altra parte secondo i ricercatori americani la persona media guarda il suo telefono 150 volte al giorno, al netto della “lunga” pausa notturna vuole dire farlo ogni 4-6 minuti. Una dipendenza incredibile. (...)
*** Giuliano BALESTRIERI, Il “phubbing” distrugge le relazioni. E in discoteca non ci si bacia più, 'Business Insider Italia', 18 giugno 2017
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