sabato 17 giugno 2017

#RACCONTId'AUTORE / Un posto per un'idea (Ermanno Bencivenga)

Sara aveva avuto un’idea. Era una bella idea: a pensarci veniva da sorridere. Sara voleva conservarla, come sempre faceva con le cose che le piacevano. Un giorno aveva trovato una coccinella, tutta rossa con dei puntini neri, che quando ti camminava sulla mano ti faceva un po’ il solletico, e l’aveva chiusa in una vecchia scatola di mentine. C’era abbastanza spazio per muoversi, e lei ci metteva sempre delle briciole perché la coccinella non soffrisse la fame. Poi, quando voleva sentirla camminare sulla mano e farsi fare un po’ il solletico, la tirava fuori dalla scatola e ci giocava insieme. Un altro giorno aveva trovato una grossa conchiglia, bianca e azzurra, che quando la tenevi vicino all’orecchio sentivi mugghiare il mare, e l’aveva nascosta nel primo cassetto del comò, sotto le calze. Si stava morbidi lì, come sulla sabbia, e anche molto più puliti. Poi, quando voleva sentir mugghiare il mare, le bastava aprire il cassetto e sollevare le calze.

Con l’idea, però, era un bel problema. Perché un’idea non si può chiudere in una scatola, non si può nascondere sotto le calze. Un’idea non si può neanche prendere in mano. Come si fa a conservare un’idea? Se sapessi scrivere, pensò Sara, potrei fermarla sulla carta e non volerebbe più via. Forse dovrei dirla alla mamma, così la scrive. Ma no, concluse dopo averci pensato su, chi me lo dice che i segni sulla carta la fermano davvero, un’idea? È l’idea, invece, che va a stare insieme ai segni, e questi diventano qualcosa di più che segni perché l’idea è con loro, ma se un giorno l’idea decide di volar via non restano altro che segni, e non vogliono dire più niente.

Sara era disperata, e come sempre quando era disperata andò a chiedere consiglio al nonno. Il nonno era seduto sulla sedia a dondolo e sembrava guardare nel vuoto. Forse anche lui aveva avuto un’idea.

Sara gli disse: «Nonno, sono tanto triste».
«Perché?» chiese il nonno.
«Perché ho avuto un’idea».
«Una brutta idea?» fece il nonno un po’ preoccupato.
«No, una bella idea: a pensarci viene da sorridere.»
«E allora perché sei triste?».
«Perché ho paura di perderla».
«Di perderla?».

Il nonno sembrava non capire.
«Sì, di perderla. Se adesso mi viene in mente qualcos’altro me la dimentico e quando voglio pensarci non la trovo più e non posso più sorridere».

Il nonno scosse la testa. «Sara» disse «sai perché le idee non si possono tenere in mano?».
«No, nonno».
«Perché altrimenti la gente le chiuderebbe in una scatola o in un cassetto, come fai tu con i tuoi tesori, e in giro non ne rimarrebbero più, di quelle belle almeno, di quelle che fanno sorridere. Così invece nessuno le può prendere e loro volano sempre intorno. Oggi vengono in mente a te, domani a un altro, ma nessuno le può imprigionare, non sono di nessuno ed è un po’ come se fossero di tutti. E a tutti può capitare di pensarci e di sorridere».
«Ma nonno» disse Sara «se perdo la mia idea non sarò più contenta come prima».
«Sì, lo sarai, perché non la perdi per sempre. Un giorno ti tornerà in mente e sorriderai ancora, più di adesso anzi, perché sarà come incontrare un vecchio amico che non vedevi da tanto tempo. La terrai un po’ con te, poi la saluterai e lei tornerà al suo posto, in mezzo al mondo».

*** Ermanno BENCIVENGA, 1950, filosofo e saggista, Un posto per un'idea, da La filosofia in trentadue favole, Mondadori, 1991.


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