A molti la protesta della Cgil pare incomprensibile, a tutti quelli che credono al ritornello che “non sono tornati i voucher, ma un po’ di regole ai lavoretti erano necessarie o sarebbe tornato tutto nel sommerso”. Per quanto false, queste genere di considerazioni si sentono a ciclo continuo tra radio e tv. Sono balle di chi mente sapendo di mentire. Il governo Gentiloni ha cancellato i voucher per decreto perché Matteo Renzi aveva paura del referendum previsto per giugno – come dargli torto, visti i precedenti – e poi li ha ripristinati con un altro violento abuso, cioè infilati in una manovra correttiva sui è stata posta la fiducia.
Questi nuovi voucher hanno alcune modifiche che dovrebbero farli sembrare migliori: limite di 5000 euro all’anno per lavoratore, non più di 2500 dallo stesso committente; sanzioni pesanti come l’obbligo di assunzione a tempo indeterminato per il committente che sfonda il tetto (curiosamente l’obbligo non vale se a imbrogliare è lo Stato, cioè la pubblica amministrazione…), aumenta la paga reale per il prestatore d’opera, che sale di fatto da 7,5 a 9 euro all’ora e non è neppure rigida, ma può essere più alta; colf e badanti pagate dalle persone fisiche con il “libretto di famiglia” hanno anche più diritti, tra cui quello al riposo giornaliero e alle pause settimanali. Tutto bene, dunque? Assolutamente no.
Se non credete alla Cgil, leggetevi il focus prodotto dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, che è un’autorità davvero indipendente che analizza e commenta la politica economica. Scorprirete che di ragioni per protestare in piazza ce ne sono parecchie. (...)
*** Stefano FELTRI, giornalista e saggista, vice direttore di 'Il Fatto Quotidiano', Voucher 2.0, perché sono peggio di prima, 17 giugno 2017
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