Mi sono abituato a bere la notte lentamente, perché so
che la abiti, non importa dove, popolandola di sogni.
che la abiti, non importa dove, popolandola di sogni.
Il vento della notte abbatte stelle tremanti fra le mie mani,
che ancora non si adattano, vedove inconsolabili della tua chioma.
Nel mio cuore si agitano gli uccellini che in lui hai seminato
e a volte gli darei la libertà che esigono per ritornare a te
con il gelido filo del coltello.
Ma non può essere. Perché sei tanto in me, tanto viva
in me, che se morissi io, ti morirei.
*** Juan GELMAN, 1930-2014, poeta e scrittore argentino, Sto seduto come un invalido nel deserto del mio desiderio di te, da “Poesia”, Luglio/Agosto 2014, N. 295, Crocetti Editore, traduzione di Laura Branchini, in 'poesiainrete', 3 dicembre 2020, qui
Testo originale
Estoy sentado como un inválido en el desierto de mi deseo de ti
Me he acostumbrado a beber la noche lentamente,
porque sé que la habitas, no importa dónde, poblándola de sueños.
El viento de la noche abate estrellas temblorosas en mis manos,
que aún no se conforman, viudas inconsolables de tu pelo.
En mi corazón se agitan los pájaros que en él sembraste
y a veces les daría la libertad que exigen para volver a ti,
con el helado filo del cuchillo.
Pero no puede ser. Porque estás tan en mí,
tan viva en mí, que si me muero a ti también te moriría.
Juan Gelman
da “Violín y otras cuestiones”, Gleizer, Buenos Aires, 1956
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