storto, contratto? Lo vedi questo piede,
quando mi siedo, come lo metto?
È tutto per lo sforzo, in tanti anni,
di non urtare le persone. Stretto
contro un sedile, dentro l’autobus pieno,
stare a posto, evitare
coi miei vicini
persino il minimo contatto.
Sulle panchine delle sale d’aspetto
o in treno, in corridoio, era una pena
ogni momento sentire sfiorarsi il buio
del mio ginocchio e del loro.
Ore e ore, giornate intere:
uno di fianco all’altro
stavamo, come i gusti del gelato
nel bar della stazione.
Di vero tra noi, di giusto,
lo spazio di due dita
era rimasto.
*** Umberto FIORI, 1949, insegnante, scrittore, poeta e musicista, Contatti, da Poesie 1986 – 2014, Mondadori, 2014, in 'ipoetisonovivi.com', 18 febbraio 2020, qui
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