ingoiarti,
tenerti dentro,
in te annegare l’anima mia.
Che prima però l'onda sollevi
regalandole l’attimo di una corsa,
la spuma che schizza bianca e frantumata
e lo scoglio che l’uccide.
Sì, che invidia.
In quest’ora selvaggia
il vento raggela
e il cielo illividisce:
all’orizzonte saettano fulmini
e i brividi ti penetrano.
Come te
vorrebbe l’anima mia essere profonda,
come te
vorrebbe l’anima mia essere larga.
Mare, che invidia:
basterebbe poter essere mare.
*** Massimo Ferrario, Che invidia, 2010-2014, 'losguardopoIetico', 7 aprile 2014, rielaborata per Mixtura, 2019
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