domenica 24 novembre 2019

#ARTE / La pacchia è finita e altre 3 opere (Salvatore Scuotto)

Salvatore SCUOTTO (MoraleS), 1969
artista napoletano, 
La pacchia è finita
Mostra collettiva “Virginem=Partena”
Napoli Galleria Nabi interior design,
'open', 23 novembre 2019, qui

° ° °
Salvatore SCUOTTO (MoraleS), 1969
artista napoletano, 
La pacchia è finita
Mostra collettiva “Virginem=Partena”
Napoli Galleria Nabi interior design

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Salvatore SCUOTTO (MoraleS), 1969
artista napoletano, 
Sinera
Mostra collettiva “Virginem=Partena”
Napoli Galleria Nabi interior design

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Salvatore SCUOTTO (MoraleS), 1969
artista napoletano, 
Sinera
Mostra collettiva “Virginem=Partena”
Napoli Galleria Nabi interior design

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Salvatore SCUOTTO (MoraleS), 1969
artista napoletano, 
Sinera
Mostra collettiva “Virginem=Partena”
Napoli Galleria Nabi interior design

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Impara l’arte ma scegli da che parte stare!" Sembra dirci lo scultore napoletano Salvatore Scuotto, classe 1969, che fonda a Napoli, nel 1996, insieme ai fratelli Raffaele ed Emanuele, La Scarabattola, atelier di artigianato artistico noto al pubblico sia locale che internazionale per il suggestivo lavoro di sintesi tra tradizione e contemporaneità.
Salvatore battezza il suo nuovo nome d’arte, Morales, partecipando, con altri tre scultori, Pasquale Manzo, Marcello Silvestre e il fratello Emanuele Scuotto, alla mostra collettiva “Virginem = Partena”, curata da Biancamaria Santangelo, che inaugurerà al Nabi Interior Design, sabato 23 novembre in Via Chiatamone, 5a, 80121 Napoli, alle ore 19:30.
Salvatore Scuotto “diventa” MoraleS per due motivi. Il primo è quello di omaggiare la madre, recuperando il suo cognome che fu Morale, ma rimettendo a posto la esse finale, eliminata da un vecchio bisnonno per compiacenza al fascismo. Il secondo è quello di intraprendere un nuovo percorso artistico, orientato verso una scultura meno ancorata agli stereotipi del passato, immediata e aderente alle tematiche dei nostri tempi.

Per questa nuova avventura, lo scultore napoletano, ha voluto al suo fianco Amalia De Simone, giornalista e abile scrittrice che si è occupata del testo critico. Le fotografie delle sculture invece, sono state scattate da Sergio Siano.
Tra le opere in mostra,“La pacchia è finita!” una installazione che ha come protagonista un Matteo Salvini inferocito che spara ad una coppia di zombie di colore, come se giocasse ad un video game che impone di sterminare gli avversari.

C’è poi “Mamma negra”, una donna di colore incinta che alza la mano destra implorando, mentre con l’altra mano regge faticosamente il suo grembo.

E poi la commovente Sinera, “una donna africana con le pinne capaci di affrontare il più ostile dei mari, la madonna dei nostri giorni che stringe sul petto quei bambini che abbiamo visto troppe volte morire. E' il piccolo Aylan dalla Siria con la maglietta rossa, i pantaloncini e la faccia schiacciata sulla sabbia di una spiaggia turca. E' una bimba appena nata trovata sul fondo del mare ancora abbracciata a sua madre. Sono cadaveri e sopravvissuti. Sono la guerra e la speranza”.

Il filo conduttore di queste opere non è soltanto il problema dell’immigrazione ma soprattutto il preoccupante razzismo che rende inumano questo dramma. A testimoniarlo due ironici “oggetti d’uso”, il Portapastelli colorito, che raccoglie violentemente nella gola di un uomo di colore, tanti pastelli che ostentano la marca “Io non sono nero” e Glu glu glu, un centrotavola che ruota a 360°, mostrando a tutti il dito medio, come ultimo e paradossale atto di dignità di chi muore nel mare dell’indifferenza.
Morales è irriverente e sovversivo, perché ci costringe a guardare, perché ci strappa un ghigno e un po' di rabbia. Ci affilia e ci deride ci salva e ci denuncia, come con il suo dito medio che riprende quello di Cattelan di fronte alla Borsa di Milano.
Sono nude le tele che ci raccontano il lutto. Quello dei muri e delle crepe, della frammentazione dell'esistenza, del pensiero, di un'idea. Morales ipnotizza con queste linee che si rincorrono e che spiegano. E poi ci sveglia con quelle barriere rigate dalle tracce degli uomini che disperatamente ne restano aggrappati. 
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*** da 'la Repubblica-Napoli', 23 novembre 2019, qui

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