Non ci facciamo più caso.
É questa la cosa più triste, più grave, più allarmante.
Ad Ascoli Piceno si festeggia la marcia su Roma?
“Ah, ma guarda”.
Un ragazzino, banalmente idiota si filma fra le svastiche e inneggia ad Adolf Hitler?
“Ah, però”.
Una parte rilevante del parlamento italiano rifiuta la propria solidarietà ad una delle ultime testimoni viventi della persecuzione nazista contro gli ebrei (e i dissidenti e gli omosessuali e i rom eccetera eccetera), non ringrazia con una standing ovation una signora di novant’anni che ancora lotta per fare di questo Paese un paese civile, per mantenere viva la memoria degli orrori del secolo scorso, perchè non si ripetano. Una parte del Parlamento italiano non porta il dovuto rispetto alla senatrice Segre.
“Ah, che cafoni”.
Una parte rilevante del parlamento italiano scivola nell’apologia di fascismo (un reato, mi pare) con incredibile frequenza, nel disinteresse generale. Niente di punibile a norma di legge, naturalmente, ma parecchia paura per chi ha l’orecchio allenato a percepire la musica del tempo.
Un sentimento d’odio, diffuso e fomentato. Un' attitudine muscolare a risolvere i problemi con la sopraffazione. La voglia di costruire un proprio privilegio anche minimo escludendo chi è più povero, facendogli la guerra. Un desiderio inconfessabile di consegnarsi ad un uomo forte. Uno solo. Che ci liberi dalla fatica della democrazia. Che comandi.
E ci consenta di tornare ad essere un popolo bambino, con le parate e la trombetta. Senza l’ingombro di gestire la libertà. Alla faccia dell’Europa e di chi ci vuol verificare i conti. Ve la ricordate la famosa “egemonia culturale della sinistra”, di cui tanti si lamentavano nel secolo scorso? Bene: è finita.
Adesso, numericamente, siamo sotto l’egemonia culturale della destra.
“Ah, ma dai”.
La cosa più triste è che non ci facciamo caso.
*** Ldia RAVERA, scrittrice, facebook, 1 novembre 2019, qui
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