- Ma che dici!!! è una cavolata!
- Mi sembra strano. Sei proprio sicuro che sia così?
Nella differenza tra queste due frasi si vede quanto spesso, sui social, sottovalutiamo il “meta”, cioè tutti quegli elementi che dicono qualcosa di noi e del nostro atteggiamento al di là del contenuto che stiamo esprimendo.
È fuorviante pensare che, quando ci si confronta in una serie di commenti scritti su schermo, conti solo il merito di ciò che si dice. L’atteggiamento trapela tra le righe, nelle parole che usiamo, nel modo con cui le leghiamo tra loro; persino la punteggiatura può trasmettere tensione o serenità nello scrivere qualcosa.
Non è solo la faccia o la presenza a produrre comunicazione extraverbale, anche la scrittura possiede un contenuto extra, un surplus di socialità che va oltre il mero oggetto dei discorsi e proviene dalla successione delle parole, la loro scelta, lo stile e gli intenti con cui sono scritte.
De visu o in connessione digitale cambiano le modalità, ma l’atteggiamento traspare e fa sempre parte della discussione tanto quanto il merito del discorso. Anzi, a ben vedere, è proprio l’atteggiamento che compromette (o facilita) uno scambio di idee.
Non basta scrivere cose sensate, bisogna saperle scrivere con modi adeguati. Soprattutto oggi in cui molte delle nostre interazioni avvengono proprio attraverso al scrittura.
La parte relazionale è sempre preminente. Quando scegliamo parole, modi verbali e punteggiatura, lo è per certi versi in modo ancora più intenso. Soprattutto quando discutiamo, scrivendo, di questioni in cui siamo molto coinvolti.
Quando comunichiamo (scrivendo o parlando) non trasmettiamo solo idee ma stabiliamo (o compromettiamo) relazioni.
*** Bruno MASTROIANNI, filosofo, esperto di comunicazione, autore di La disputa felice, Franco Cesati editore, 2017, facebook, 7 gennaio 2018, qui
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