In Homo sapiens il cervello vale circa il 2-3% del peso corporeo totale, ma consuma il 25% dell’energia del corpo quando questo è in stato di riposo. Facendo il confronto, i cervelli delle altre scimmie richiedono solo l’8% dell’energia in stato di riposo. Gli umani arcaici pagarono in due modi il fatto di avere cervelli grandi. In primo luogo, spesero più tempo alla ricerca di cibo. Secondariamente, atrofizzarono i loro muscoli. Allo stesso modo di un governo che dirotta fondi dalla difesa all’educazione, gli umani dirottarono l’energia dai bicipiti ai neuroni. Che questa fosse una buona strategia per sopravvivere nella savana non era affatto scontato. Uno scimpanzé non può vincere una disputa con un Homo sapiens; ma quello stesso scimmione può spaccare in due un uomo come se fosse una bambola di pezza.
Oggi i nostri grossi cervelli vanno benissimo, perché siamo capaci di produrre automobili e armi che ci consentono di spostarci più velocemente degli scimpanzé ed eventualmente di sparargli da una distanza di sicurezza invece di lottare corpo a corpo. Ma le macchine e i fucili sono fenomeni recenti. Per oltre due milioni di anni i sistemi neuronali umani avevano continuato a crescere, ma a parte qualche coltello di selce e qualche bastone appuntito, gli uomini possedevano ben poco che potesse comprovarlo. Che cosa, dunque, aveva dato impulso all’evoluzione di un cervello umano sempre più grande durante quei due milioni di anni? Francamente non lo sappiamo.
*** Yuval Noah HARARI, 1976, storico, saggista israeliano, Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell'umanità, Bompiani, 2014
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