Un tramonto dolce e rosso su un mare calmo che invita a rilassare l’anima.
Una mamma e un bambino camminano sulla spiaggia sabbiosa.
- Mamma, sto crescendo. Oggi conosco tanti bambini e domani conoscerò tanti uomini e tante donne. Avrò anch’io, come te e papà, amici che non sono semplici conoscenti. E magari troverò una bella donna come papà ha trovato te. Oppure, chissà, un uomo con cui mi piacerà vivere. Insomma, mi capiterà quello che capita a tutti: di provare amicizia e affetto. E di essere oggetto, a mia volta di amicizia e di affetto. Ti chiedo: c’è una cosa che è utile sapere per conservare un affetto con un’altra persona, maschio o femmina che sia?
La mamma si ferma, stupita.
- Sì, stai crescendo, figlio mio. Lo dice anche la domanda che mi hai fatto.
Leo sorride: un po’ perché gli piace essere ritenuto già un ragazzino e un po’ perché non vuole essere preso troppo sul serio.
- Ho fatto una domanda troppo da adulti?
- Sì. E’ una domanda intelligente. E per le domande intelligenti, come imparerai, non c’è sempre risposta. O, meglio: non c’è risposta chiara, precisa, sicura. Il tipo di risposta che in genere vogliamo. Sono i casi in cui è bene resti sempre aperta la domanda: utile per non smettere di interrogarsi.
- Quindi non mi risponderai?
Stavolta è la mamma a sorridere.
- Ci provo. A modo mio: se no, non sarei la mamma che conosci.
Il bambino lancia un segnale di affettuosa complicità alla mamma, stringendole più forte la mano.
- Ahi… E’ proprio il momento che me la lasci, la mano: usala per raccogliere un po' di sabbia.
- Perché?
- Fa parte della risposta che sto per darti.
Leo si china e mostra una manciata di sabbia finissima.
- Ora stringi il pugno...
Il bambino esegue: più stringe, più la sabbia gli esce dalla mano.
- La sabbia scappa.
- Infatti. Ora tieni la mano più aperta...
- La sabbia se ne va ancora più velocemente e in maggiore quantità.
- Perfetto. Ora raccogline un altro po' e tienila sempre in mano, ma apri la mano a cucchiaio... così... abbastanza chiusa per custodirla e abbastanza aperta per non stringerla.
Il bambino obbedisce: si china, raccoglie la sabbia e dispone la mano imitando il gesto della mamma.
La mamma conclude:
- Ecco. Adesso hai visto come può funzionare un’amicizia. Il problema però è che con le persone, se pure il principio può essere lo stesso, è tutto più difficile: perché le persone non sono come la sabbia. La sabbia è inerte, passiva: se non la fai scivolare via, sta appunto nelle nostre mani. Buona e ferma. Le persone, invece, per fortuna, sono attive. E possono andarsene anche quando noi abbiamo verso di loro un’attenzione giusta, equilibrata, attenta. Magari cercando di imitare la mano ‘a cucchiaio’. Anche perché la mano che può essere ‘a cucchiaio’ per noi, per altri può essere troppo aperta o troppo chiusa. Segnalando indifferenza, nel primo caso. E costrizione, nel secondo caso. E poi, a qualcuno solo l’idea di essere in mano ad altri, per quanto questi altri mostrino una 'giusta cura', può dare fastidio. Legittimamente. Non nasciamo per stare in mani altrui: non siamo sabbia.
*** Massimo FERRARIO, La mano a cucchiaio, per ‘Mixtura’. Libera riscrittura di un testo di autore anonimo di spirito zen
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