Una vecchia, povera da una vita, mentre trasportava il latte al mercato in un grande vaso di terracotta, iniziò a pensare in che modo avrebbe potuto diventare ricca.
Immaginava. Certo, avrebbe venduto il latte, ma stavolta non più per quattro monete, almeno per cinque, perché il suo latte veniva da una mucca che mangiava un’erba particolare, che cresceva in un posto segreto, e il latte per questo era nutriente come nessun altro e aveva un sapore che nessun altro aveva; poi, con queste cinque monete, avrebbe comprato una giovane gallina che avrebbe fatto tante uova; poi, con le uova della giovane gallina, avrebbe allevato una batteria di polli, che poi avrebbe venduto per comprare un maialino; poi, il maialino, una volta cresciuto e ben ingrassato, avrebbe fatto tanti maialini, che lei avrebbe venduto per acquistare un puledro, però non un cavallo qualunque, proprio un purosangue, da allevare con cura e devozione fino a quando non fosse stato adatto a essere cavalcato.
Sognava. Sì all’inizio un puledrino. Che però sarebbe diventato il più bel cavallo del mondo. E sarebbe stata lei, solo lei, a cavalcarlo. Con lui avrebbe percorso in lungo e in largo tutta la pianura. E lo avrebbe incitato a correre… correre… correre. Gli avrebbe urlato hip hip e hop hop nelle orecchie e lui e lei non avrebbero smesso di galoppare nella prateria… Lei con i capelli liberi, finalmente sciolti e scompigliati, non più pochi e brutti e imprigionati nel velo da contadina come una vecchia, ma tornati tanti e fluenti e freschi e biondi come erano da ragazzina, e lui, il più bel cavallo del mondo, focoso ma obbediente alla padrona, con la criniera al vento… Ambedue felici nel sole tiepido della sera... Lei spensierata, non più povera e finalmente ricca come i più ricchi… Perché quel cavallo, un purosangue di razza, era un animale da ricchi e lui ormai era suo ed era solo per lei…
Mentre sognava tutto questo, si fermò, poggiò a terra il vaso di terracotta e cominciò a muovere i piedi e i talloni come se calzasse gli speroni e a battere le mani per la gioia, sempre gridando hip hip e hop hop… E batteva piedi e mani sempre più forte, mentre incitava il cavallo a galoppare… a galoppare… a galoppare… via per i campi… nel vento…
Fu così che, mentre lei immaginava di spingere il cavallo con lo sperone ad un galoppo sempre più sfrenato, e lei gli era in sella e lui e lei galoppavano sempre più veloci, tra i suoi continui hip hip e hop hop, dal piede della vecchia partì un calcio che lanciò lontano lo zoccolo e lo zoccolo colpì la brocca, e la brocca andò in mille pezzi e in un attimo tutto il latte si sparse per terra, e né il cavallo, né il maiale, né i polli, né la gallina, né le cinque monete, né il latte… niente di tutto questo rimase nelle mani della vecchia che sognava di essere diventata ricca perché cavalcava il più bel cavallo del mondo, che era un purosangue che solo i ricchi potevano possedere.
*** Massimo Ferrario, Il sogno della povera vecchia, per 'Mixtura', libera riscrittura di un racconto famoso, nella versione europea più antica. Fonte: Jacques de Vitry, 1165 ca-1240, predicatore, teologo, storico, vescovo e cardinale francese, da The Exempla; oppure, Thomas Frederick Crane (a cura), Illustrative Stories from the Sermones Vulgares, London: Folk-Lore Society, 1890, n. 51, pp. 154-55, in DL Ashliman (a cura), 1938, scrittrice e folclorista statunitense, Story of an Old Woman, Carrying Milk to Market in an Earthen Vessel, ‘Folklore and Mythology Electronic Texts’, Università di Pittsburg, online
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