Un’antica leggenda Cherokee racconta la storia di un vecchio cacciatore indiano, famoso in tutta la tribù per la sua abilità, il quale un giorno, tornando a casa coi frutti della sua giornata, vide un piccolo serpente dai colori splendenti e vivaci, e dall’aspetto amichevole.
Il cacciatore si fermò, lo osservò un po’ incuriosito e un po’ incantato, e pensò che l’animale poteva essere affamato. Così gli gettò uno dei suoi uccelli e se ne tornò a casa. Poche settimane dopo, passando per lo stesso luogo con alcuni conigli che aveva cacciato, l’uomo vide di nuovo il serpente. Era più cresciuto, ma aveva i medesimi splendidi colori e lo stesso atteggiamento amichevole. Allora l’indiano lo salutò. «Salve», gli disse, per rispondere con amicizia all’amicizia, e gli regalò una delle sue prede.
La scena si ripeté diverse volte, e ogni volta il serpente appariva sempre più grosso e sempre più bello. Il cacciatore faceva dono di parte della sua cacciagione, e se ne andava contento di quella amicizia nuova e bella che aveva fatto. Finché una sera in cui il cacciatore stava tornando a casa con due daini sulle spalle, il serpente dai bei colori gli si parò davanti, più grosso, più bello e più affamato che mai. L’indiano provò pena per lui e gli diede un intero daino da mangiare.
Quando arrivò all’accampamento, vide che la sua gente si stava preparando per una danza notturna intorno al fuoco. Si preparò e partecipò anche lui ai balli e ai canti antichi che si alzavano da tutta la tribù nella notte luminosa. Quando all’improvviso ecco che di nuovo comparve il serpente, divenuto così grosso e così lungo che circondava dall’esterno tutti quelli che danzavano, i quali restarono dunque imprigionati.
Il serpente era tutto ricoperto di squame colorate, e aveva sempre il suo atteggiamento amichevole; ma era di nuovo affamato e la gente cominciò ad avere paura. Gli anziani ordinarono allora di prendere archi e frecce e di uccidere quell’animale mostruosamente bello e grande. Tutti insieme lo presero di mira e lo colpirono con precisione, ma il serpente ferito cominciò a battere all’impazzata e uccise molte persone.
Dicono, conclude la leggenda, che quel serpente era proprio come l’uomo bianco.
*** Sandro ONOFRI, 1955-1999, scrittore, poeta, insegnante e giornalista, C’era una volta il nemico indiano, ‘L’Unità’, 5 maggio 1994.
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