Gustavo ZAGREBELSKY, "Senza adulti", Einaudi, 2016
pagine 112, € 12,00, ebook € 6,99
La giovinezza si estende, l'adultità si ritrae
Le età della vita non sono cambiate: se seguiamo l'anagrafe, possiamo distinguere, oggi come ieri, i tre periodi della giovinezza, dell'adultità e della vecchiaia.
Ma l'anagrafe, come sappiamo, dice sempre meno: come per le generazioni, gli anni che le contraddistinguono cedono il passo ai valori, agli atteggiamenti e ai comportamenti che le dominano. Insomma, anche qui la sostanza vince sulla forma, il contenuto prevale sul contenitore. Ed è così che la tripartizione, utile per connotare il passato, può essere ora fuorviante: e, nei fatti almeno, ha perso il tre in epoca recente. Il numero cui ormai riferirsi si è trasformato prima in due (giovinezza e vecchiaia) e poi - è cronaca attuale - in uno (giovinezza).
Certo, siamo in un'età in cui, nel nostro mondo occidentale e in Europa in particolare, i vecchi aumentano. E, come spesso accade, la quantità fa problema: con una serie di conseguenze pratiche di cui stiamo sperimentando la complessità (la crisi del welfare, ad esempio). L'affermazione che vede il focus sui giovani, che la farebbero da padroni, sembrerebbe quindi in contraddizione con il processo in corso.
Ma è la qualità di quanto sta accadendo che va presa in considerazione: è la spinta giovanilistica che pervade lo spirito del tempo a conquistare l'intera società, in qualche modo mettendo a tacere anche chi per età non può essere iscritto alla generazione dei giovani. E' una pulsione tipicamente giovanile quella che si si realizza, anche con sfarzo propagandistico continuamente promosso e raccontato, nell'iperfare efficientista, avente come mira esclusiva il risultato immediato.
La ricchezza dell'analisi condotta nel testo non è sintetizzabile e corro il pericolo di sovrapporre il mio punto di vista, meno pacato e più radicale anche nella forma, alla riflessione dell'autore. Ma a mio avviso sono individuabili almeno due fattori cruciali che segnano il presente, e non solo in Italia.
Il primo è la baldanza assolutista con cui si impone il cambiamento di tutto (e la conseguente 'rottamazione' del vecchio, inteso come cose e persone); e il secondo è l'arroganza, arrembante e tracotante, con cui ogni limite si vuole rimosso.
Se si concorda almeno in parte su queste rapide e sbrigative asserzioni, dando qui per scontati argomenti a iosa che possono supportarle, l'interrogazione sul domani si fa oggettivamente inquietante: 'senza adulti', come dice il titolo del libro, il rischio di irresponsabilità per aver espunto dal nostro pensiero il lungo termine, dunque la preoccupazione per la sostenibilità del pianeta e il diritto a vivere delle generazioni future, può non essere soltanto un fantasma apocalittico.
La ricchezza dell'analisi condotta nel testo non è sintetizzabile e corro il pericolo di sovrapporre il mio punto di vista, meno pacato e più radicale anche nella forma, alla riflessione dell'autore. Ma a mio avviso sono individuabili almeno due fattori cruciali che segnano il presente, e non solo in Italia.
Il primo è la baldanza assolutista con cui si impone il cambiamento di tutto (e la conseguente 'rottamazione' del vecchio, inteso come cose e persone); e il secondo è l'arroganza, arrembante e tracotante, con cui ogni limite si vuole rimosso.
Se si concorda almeno in parte su queste rapide e sbrigative asserzioni, dando qui per scontati argomenti a iosa che possono supportarle, l'interrogazione sul domani si fa oggettivamente inquietante: 'senza adulti', come dice il titolo del libro, il rischio di irresponsabilità per aver espunto dal nostro pensiero il lungo termine, dunque la preoccupazione per la sostenibilità del pianeta e il diritto a vivere delle generazioni future, può non essere soltanto un fantasma apocalittico.
Sono questi alcuni fili di meditazione suggeriti dalla lettura di questo breve volume di Gustavo Zagrebelsky, noto costituzionalista abituato a sconfinare con intelligenza dal diritto alla sociologia, alla filosofia e alla politica.
Chi lo conosce dai suoi scritti sa quanto l'autore sia capace di non seguire l'onda del monopensiero dominante, usando con abilità lo strumento, sempre meno consueto, di interpellare le coscienze: la sua e le nostre.
Se non si è ancora perso il vizio di cercare di capire il contesto in cui siamo e il futuro in cui prevedibilmente potrà trovarsi a vivere la società di domani, facendoci domande e non dandoci risposte semplici e consolatorie, questo libro cade a proposito, per almeno tre ragioni: si 'gusta' in una sera, presi dall'acutezza del contenuto e dalla fluidità dello stile, colto e facile insieme; si è spinti dall'autore a richiamare alla mente pensatori classici tuttora capaci di parlarci; e ci si confronta con un pensiero che non ci lascia 'tranquilli', qualunque sia il nostro posizionamento ideologico.
E chi ama chiosare i passi salienti di un testo, per ricordare o approfondire in seguito, qui ha solo l'imbarazzo della scelta: deve solo contenere la sua voglia di sottolineare tutto.
E chi ama chiosare i passi salienti di un testo, per ricordare o approfondire in seguito, qui ha solo l'imbarazzo della scelta: deve solo contenere la sua voglia di sottolineare tutto.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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Guardiamoci attorno. Dove sono gli uomini e le donne adulte, coloro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, le contraddizioni, le fragilità, gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, persino il linguaggio della giovinezza e, d’altra parte, non sono assillati dal pensiero di una fine che si avvicina senza che le si possa sfuggire? Dov’è finito il tempo della maturità, il tempo in cui si affronta il presente per quello che è, guardandolo in faccia senza timore? Ne ha preso il posto una sfacciata, fasulla, fittiziamente illimitata giovinezza, prolungata con trattamenti, sostanze, cure, diete, infiltrazioni e chirurgie; madri che vogliono essere e apparire come le figlie e come loro si atteggiano, spesso ridicolmente. Lo stesso per i padri, che rinunciano a se stessi per mimetizzarsi nella «cultura giovanile» dei figli. L’eterna giovinezza, la promessa di patti con il diavolo di fantasiosi elisir, è diventata un’aspirazione che la pubblicità commerciale alimenta per i suoi fini.
(...) La paura d’invecchiare ha fagocitato anche l’età di mezzo. (Gustavo Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, 2016)
In due parole, l’identità dell’odierna generazione emergente è lo sviluppo e la produttività, anzi la produttività crescente finalizzata allo sviluppo. È una corsa costante che deve almeno stare al passo e, possibilmente, allungarlo rispetto a quanti partecipano alla gara globale. È, altresì, una gara nichilistica, perché la meta, cioè un’idea di società giusta che si possa aspirare a raggiungere, si allontana in misura proporzionale all’accelerazione della corsa di tutti contro tutti. (...)
A differenza di altre identità generazionali che fissavano, stabilizzavano e arrestavano il tempo e, dunque, in un certo modo, rassicuravano fino a quando non fossero state sostituite da altre, la produttività crescente è la più implacabile delle leggi, perché richiede la mobilitazione di tutte le energie sociali disponibili e implica, d’altro canto, la marginalizzazione di coloro i quali non ne sono partecipi.
(Gustavo Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, 2016)
Volendo sintetizzare le trasformazioni che il corso della vita ha subito nelle nostre concezioni pratiche, potremmo fare ricorso a una sequenza numerica: tre, due, uno e infine, minacciosamente, zero. Tre era il numero della giovinezza, della maturità e della vecchiaia. Due, della giovinezza che si prolunga sino alla vecchiaia. Uno, della giovinezza che annulla la vecchiaia. Zero, della giovinezza che consuma se stessa senza preoccupazione di quanto l’avvenire potrebbe riservare. Poiché siamo infine giunti a questa soglia, sconosciuta nel lungo corso della storia dell’umanità, si è posto il tema dei «diritti delle generazioni future». In questa espressione è sintetizzato un passaggio che, per usare una formula abusata, è «epocale», e impone di reagire alla sequenza che si è testé esposta nella successione dei numeri discendenti verso lo zero, per cercare di risalire la china.( Gustavo Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, 2016)
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Guardiamoci attorno. Dove sono gli uomini e le donne adulte, coloro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, le contraddizioni, le fragilità, gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, persino il linguaggio della giovinezza e, d’altra parte, non sono assillati dal pensiero di una fine che si avvicina senza che le si possa sfuggire? Dov’è finito il tempo della maturità, il tempo in cui si affronta il presente per quello che è, guardandolo in faccia senza timore? Ne ha preso il posto una sfacciata, fasulla, fittiziamente illimitata giovinezza, prolungata con trattamenti, sostanze, cure, diete, infiltrazioni e chirurgie; madri che vogliono essere e apparire come le figlie e come loro si atteggiano, spesso ridicolmente. Lo stesso per i padri, che rinunciano a se stessi per mimetizzarsi nella «cultura giovanile» dei figli. L’eterna giovinezza, la promessa di patti con il diavolo di fantasiosi elisir, è diventata un’aspirazione che la pubblicità commerciale alimenta per i suoi fini.
(...) La paura d’invecchiare ha fagocitato anche l’età di mezzo. (Gustavo Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, 2016)
In due parole, l’identità dell’odierna generazione emergente è lo sviluppo e la produttività, anzi la produttività crescente finalizzata allo sviluppo. È una corsa costante che deve almeno stare al passo e, possibilmente, allungarlo rispetto a quanti partecipano alla gara globale. È, altresì, una gara nichilistica, perché la meta, cioè un’idea di società giusta che si possa aspirare a raggiungere, si allontana in misura proporzionale all’accelerazione della corsa di tutti contro tutti. (...)
A differenza di altre identità generazionali che fissavano, stabilizzavano e arrestavano il tempo e, dunque, in un certo modo, rassicuravano fino a quando non fossero state sostituite da altre, la produttività crescente è la più implacabile delle leggi, perché richiede la mobilitazione di tutte le energie sociali disponibili e implica, d’altro canto, la marginalizzazione di coloro i quali non ne sono partecipi.
(Gustavo Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, 2016)
Volendo sintetizzare le trasformazioni che il corso della vita ha subito nelle nostre concezioni pratiche, potremmo fare ricorso a una sequenza numerica: tre, due, uno e infine, minacciosamente, zero. Tre era il numero della giovinezza, della maturità e della vecchiaia. Due, della giovinezza che si prolunga sino alla vecchiaia. Uno, della giovinezza che annulla la vecchiaia. Zero, della giovinezza che consuma se stessa senza preoccupazione di quanto l’avvenire potrebbe riservare. Poiché siamo infine giunti a questa soglia, sconosciuta nel lungo corso della storia dell’umanità, si è posto il tema dei «diritti delle generazioni future». In questa espressione è sintetizzato un passaggio che, per usare una formula abusata, è «epocale», e impone di reagire alla sequenza che si è testé esposta nella successione dei numeri discendenti verso lo zero, per cercare di risalire la china.( Gustavo Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, 2016)
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In Mixtura un'altra mia recensione al libro di Gustavo Zagerbelsky, "Liberi servi", Einaudi, 2015, qui
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