La donna, profondamente pentita, sentì che doveva chiedere perdono. Aveva detto troppe cose cattive su di lui. E non era giusto: Zhao Ming non se le meritava.
Le era accaduto perché era finita in uno dei suoi ‘buchi neri’: quando le capitava, non si controllava. Se la prendeva col mondo e soprattutto con le persone cui più era legata o che più stimava. Come Zhao Ming: il monaco del villaggio di cui non si poteva che dire bene, per la sua disponibilità ad aiutare chiunque avesse bisogno. E non solo con consigli, ma con opere concrete.
Sun Xia lo fece una mattina, all’inizio di primavera.
Attese che Zhao Ming finisse la sua tradizionale ora di meditazione e poi, avuto il cenno di benvenuto alla porta del convento, fece quello che aveva nell’anima da tempo di fare e non la faceva più dormire.
- Ho detto cose brutte sul tuo conto, Zhao Ming. Non le meriti. Ti chiedo perdono.
Zhao Ming non fu sorpreso. Aveva sempre saputo che la donna era d’animo buono e le volte in cui si era lasciata andare a dire cose brutte non le pensava davvero. Avrebbe dovuto imparare a controllare la sua rabbia, ma aveva anche attenuanti: il destino non le era stato favorevole e lui sapeva della sua fatica a sopravvivere.
- Apprezzo il tuo atto, Sun Xia. So che non sei la donna che ogni tanto appari. Ti voglio bene e ti perdono. Ti chiedo solo una cosa. Vieni con me in cima alla torre del convento.
La donna non capì, ma non osò chiedere.
E seguì Zhao Ming. Il quale, però, prima di salire la scaletta della torre, passò dalla cella e si mise sotto braccio un piccolo cuscino.
Salirono in cima alla torre e vi arrivarono un po’ affannati per il numero dei gradini.
Zhao Ming prese il cuscino e ne strappò la fodera.
- Ecco. Vorrei che tu spargessi queste piume nell’aria. E’ una splendida giornata: il venticello le farà volare e sarà bello seguirle…
Sun Xia, sempre più stupita, eseguì: lanciò due manciate di piume fuori dalla torre.
Le piume, subito sostenute dal venticello, rotearono, leggere, un po’ su e un po’ giù, finché molte si depositarono lontano, sui rami degli alberi, per terra, nei prati. Altre scomparvero alla vista, sempre ondeggiando, per cadere poi lungo i viottoli del villaggio, trasportate dal soffio di quel mite mattino.
Finalmente la donna espresse la sua confusione.
- Non capisco, Zhao Ming.
- Semplice, Sun Xia. Ora scendiamo dalla torre e andiamo a prenderle.
- A prendere, cosa? Le piume che ho lanciato nell’aria?
- Sì. Perché: dici che non ci riusciamo?”
- Certo. E’ impossibile”.
Zhao Ming sorrise.
- Hai ragione, Sun Xia. E’ impossibile. Le piume se ne sono andate ovunque. Come le parole che diciamo. Soprattutto quando sono brutte e cattive. I pettegolezzi, il chiacchiericcio, le maldicenze, le malignità sono piume nell’aria. Una volta che ci scappano dalla bocca, non tornano più indietro. E neppure più sappiamo dove vanno. Nessun recupero è più possibile. Certo, ci possiamo pentire. E chiedere scusa. Un atto giusto e dovuto: all’armonia del mondo che abbiamo infranto. Ma ai fini pratici il pentimento purtroppo non serve. Come le piume, il danno ormai è fatto: e vola e va. A fare altro danno. Un danno che si cumula.
Sun Xia pianse. E Zhao Ming l’abbracciò.
E pianto e abbraccio furono benefici: servirono alla donna per il futuro.
*** Massimo FERRARIO, Come piume in volo, per ‘Mixtura’. Libera riscrittura di un testo di spirito orientale di autore anonimo.
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