Un gennaio tutto in tribunale: il 19, a Milano, per il processo Ruby ter; il 21, a Bari, per il processo Tarantini; il 26, ancora a Milano, per il processo Ruby ter.
E in contemporanea le urne aperte per il voto del Presidente della Repubblica, cui lui partecipa in qualità di candidato, sgomitando come un forsennato e usando tutte le arti più subdole, sapientemente alternando bastone e carota.
Lui, pregiudicato e condannato per frode fiscale.
Lui, quasi mai assolto dagli innumerevoli processi e, salvo l'unica condanna, sempre prescritto, anche grazie a leggi appositamente da lui predisposte.
Ma ci rendiamo conto?
No, evidentemente non ci rendiamo conto. Se no, tutti noi e i media saremmo insorti spezzando sul nascere un simile potenziale incubo.
Al di là di come finirà (e non oso immaginare la fine, se finirà come potrebbe finire), è già finita.
La candidatura non è più una battuta da barzelletta: peraltro tragica e per nulla umoristica. E' un'ipotesi drammaticamente seria. La quale definitivamente dimostra che siamo davvero un paese-barzelletta.
Senza disciplina e onore.
Altro che la fuffa, oscenamente turlupinante, su patria, patrioti e patriottismo.
Si può già ora, prima dell'eventuale fine definitiva, provare schifo e vomito per essere italiani in un paese che anche soltanto pensa, senza un sussulto di dignità, di votare un simile figuro?
"Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono" cantava Giorgio Gaber.
E concludeva: "per fortuna lo sono".
Era ottimista.
Per quel che conto, io non canto, ma grido che "purtroppo", italiano, lo sono. E che, sempre 'purtroppo', non ho più l'età per emigrare.
*** Massimo FERRARIO, Purtroppo sono italiano, facebook, 5 gennaio 2022
Martin Sutovec (Shooty), 1973
vignettista slovacco
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