Teneva tra le mani una scodella.
La rivedo così, una domenica sera.
Sorrideva in silenzio, esitando
un po' nella penombra.
Portava a casa la sua cena
guadagnata sotto i padroni
e a letto, più tardi, io pensavo
che quelli ne mangiavano pentole piene.
Mia madre era gracile e morì giovane:
le lavandaie muoiono presto,
le gambe tremano sotto i carichi
e la testa fa male dallo stirare.
Dense nuvole di vapore,
montagne di biancheria sporca
e per cambiar aria
il solaio.
La rivedo mia madre, piegata sul ferro da stiro.
Il suo esile corpo, sempre più sottile,
fu spezzato dal capitale.!
Pensateci, o proletari! ...
A furia di lavare s'era fatta curva
e io non sapevo che ancora fosse giovane.
Sognava d'avere un grembiule pulito
e che il postino le dicesse buon giorno.
*** Attila JÓZSEF, 1905-1937, poeta ungherese, Mia madre lavandaia, segnalato da 'larecherche.it'. 7 agosto 2017 qui
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