Perché se le cose, sul piano sociale e politico, vanno come vanno (cioè: non vanno), certo dipende dai politici che 'non fanno' i Politici (per 'fare', prima di tutto bisognerebbe 'essere'), ma, prima ancora, dipende da noi tutti. Che dovremmo essere cittadini. E, tutti insieme, costituire una società adulta, matura, informata: che sappia stare insieme, anche in uno spirito di sana dialettica, e non sia una maionese impazzita dove ognuno dice e fa ciò che gli passa per la testa.
Facile a dire. Molto più difficile da realizzare.
Perché lo stato di cittadinanza non è un dato: è una conquista. Specie in un regime di convivenza sociale e politica che voglia essere di democrazia (di fatto e non solo di nome), diventare (e restare) cittadini significa sapere (essere informati, conoscere, usare pensiero critico). Sudditi e boccaloni non hanno (non dovrebbero avere) cittadinanza. Perché distruggono il 'governo del popolo', rendendo inetto il governo e acefalo il popolo: pronto per essere consegnato al primo demagogo in agguato che si improvvisa pifferaio più o meno magico. E tutto finisce con la storia, più volte dimostrata, dell'uomo solo al comando.
Una volta l'ignorante, o stava zitto, o cercava di non essere più ignorante: anche da autodidatta, si dava da fare per informarsi, imparare, sapere. Era ben consapevole che, come gli ripetevano i vecchi, 'non si nasce imparati'. E la complessità del mondo (sempre esistita, ma a partire dall'ultimo secolo in progressione geometrica) gli suggeriva con evidenza che 'neppure si diventa imparati': perché il delta tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo non si colma.
E' così che l'ignorante di ieri si impegnava per cancellare la sua ignoranza: era ben consapevole di essere ignorante e, se non se ne vergognava (ma spesso la vergogna era un motorino che lo spingeva a contenere e diminuire la sua ignoranza), comunque sapeva che le sue lacune lo ponevano in una condizione di non 'adeguatezza' rispetto al mondo.
Oggi l'ignorante, o non sa di esserlo, ma non per questo sta zitto (anzi parla e scrive a sproposito su tutto di tutto); oppure, semplicemente e volgarmente, se ne frega. E, applicando orgogliosamente il mantra di "uno vale uno", "apre la bocca e gli dà fiato": tanto (pensa e dice) "è tutto vero perché la verità non esiste" e comunque "il popolo ha diritto sempre di dire la sua", innanzi tutto "perché è il popolo" (una sacralità assegnata a priori e inverificabile) e poi perché "le cazzate non esistono e chi dice che sono cazzate che titolo ha per dirlo?".
Se non recuperiamo intelligenza, logica, senso di realtà, sapere, competenza, stiamo ponendo le fondamenta per la distruzione di una società.
A quanto sembra l'impresa è a buon punto.
*** Massimo FERRARIO, Ignoranti, ieri e oggi, per Mixtura. - Rielaborazione di un commento a un intervento su facebook, 30 novembre 2019.
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