in tempo per non cancellarti, cavalletta.
Non so da che cosa ti avvertii:
so che passò la fretta di rientrare
a casa: e mi curvai, a guardarti:
eri regale, delicata, assente
come nessuna donna è: muta
come un monile, ma insistente
tentavi lo scalino troppo alto
per te. Ti avvicinavi con delle zampe
che parevano passive, meccaniche, tanto
erano oscillanti e filiformi, e cominciavi
di sbieco la risalita, con una specie
di fatica, di impassibile
tremore. Più lunga e magra del mio
indice e chiara, color avorio, è
possibile? Salivi e poi tornavi
giù, padrona appena dei tuoi movimenti;
e io sempre più curvo sino a guardarti
negli occhi lucenti, nerissimi.
Eri forse così vecchia, o l’autunno
iniziava a poggiare su di te
la sua mano che fa freddi,
fragili? Ma perché volevi salire
quello scalino, perché ti affaticavi, per
raggiungere la cima, dove c’è
la mia casa, e perché mi hai fermato,
per dire cosa?
*** Giuseppe CONTE, 1945, scrittore e poeta, La cavalletta sulle scale, da Le stagioni, Rizzoli, 1988, in 'ipoetisonovivicom', 26 novembre 2019, qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Conte_(scrittore)
In Mixtura i contributi di Giuseppe Conte qui
In Mixtura ark SguardiPoietici qui
Nessun commento:
Posta un commento