Ho comprato una palla di spugna, oggi. Poi ho detto ai ragazzi: venite con me.
Siamo andati in aula video. Lì abbiamo questa lavagna più o meno del Risorgimento. Ho chiesto a una ragazza di aiutarmi a spostarla, l'abbiamo messa al centro dell'aula vuota. E poi ho scritto sia da una parte che dall'altra dei numeri.
16:37
- Che numeri sono prof?
- No prof non mi faccia fare le divisioni che faccio schifo in matematica!
- Cosa succede alle 16:37?
Non ho risposto, ho solo detto: adesso giochiamo. Nove di qua, nove di là della lavagna. Pallacieca, si chiama questo gioco: come la pallavolo, solo che non vedi cosa succede di là. Pallacieca.
Non ci potevano credere: giocare invece di far lezione?! Un sogno!
Entusiasmo alle stelle, risate, battute. Fino a che non ho preso la palla, proprio quando si stavano divertendo di più, e ho detto tre nomi a caso:
- Tu, tu e tu, adesso non potete più giocare. Fuori.
I tre hanno avanzato qualche timida protesta, ma si sono messi in un angolo. Gli altri non hanno detto niente. E poi ho detto:
- Adesso, chi parla è fuori dal gioco.
Da lì in poi: silenzio di tomba. Si sforzavano anche di non tossire. Una si è fatta un po' male e si è tappata la bocca, pur di non parlare.
Poi la partita è finita.
Li ho fatti sedere, e ho raccontato loro cos'è successo, il 12 dicembre di cinquant'anni fa, alle 16:37, in una banca di Milano. Gli ho detto che sono morte 17 persone, che ne sono rimaste ferite altre 88. E gli ho anche detto come.
Poi gli ho detto che ancora oggi non sappiamo bene chi sia stato a volere quella bomba, sappiamo solo che erano neofascisti e che fra loro c'erano anche – o ci sono – persone che avevano il dovere di proteggere questo paese. Che l'avevano messa perché volevano che la gente stesse in silenzio, ferma, immobile. Che non facesse sentire la propria voce.
Poi ho chiesto loro di ripensare alla partita: a come ero riuscito a ottenere quel silenzio totale, a un certo punto del gioco.
- Eh, avevamo paura di essere buttati fuori prof!
- Già, ma i tre che ho costretto a uscire avevano fatto qualcosa di male?
- No prof.
- Erano innocenti, giusto?
- Sì prof.
- E io ho usato degli innocenti per far star zitti voi, giusto?
- Eh, io avevo paura che poi toglieva anche me!
Ho un attimo deglutito sul povero congiuntivo, e sono stato zitto, perché lo capissero da soli di cosa stavo parlando. Di quanto avessero a che fare quei numeri e la nostra partita a pallacieca. Anche loro sono stati zitti, e i loro occhi dicevano: sì, abbiamo capito.
Alla fine ho chiesto loro una cosa: oggi, alle 16:37, di stare tutti un minuto in silenzio. Ovunque saranno, un minuto. Lo farò anch'io.
Niente lezioni, frasi ad effetto da appuntarsi sul quaderno. Solo ho detto: adesso torniamo a giocare, e se faccio ancora qualcosa di ingiusto, ditelo, protestate, anche se non la faccio a voi.
Perché non c'entrava solo Piazza Fontana, qui, non era solo di quello che stavamo parlando, ma del fatto che ci sarà sempre qualcuno che cercherà di usare la paura per metterli a tacere.
Chi lo sa, magari quando succederà si ricorderanno di oggi, e sapranno quale sarà l'unica cosa da fare: stare uniti, e la propria voce farla sentire ancora più forte.
Nessun commento:
Posta un commento