Le piattaforme tecnologiche trasformano i lavoratori in imprenditori di se stessi. A basso costo e senza tutele. Ad arricchirsi sono solo i gestori, che non hanno alcun obbligo. Una condizione che ricorda quella del nascente capitalismo a cavallo tra XVIII e XIX Secolo
(...) C’era una specie di Bibbia in quegli anni, di moda tra i ragazzi appena sopra i venti, che a leggerla oggi sembra una profezia. A firmarla una giornalista canadese, Naomi Klein. Il libro, neanche a dirlo, si intitola No Logo. Già allora raccontava, descrivendo il mercato del lavoro nell’era della globalizzazione, dove avrebbe portato la rinnegazione della fabbrica, la rottura del legame impresa-lavoratore. Le grandi sfide sociali non erano più sul salario, ma sul senso di precarietà. C’è un intero capitolo dedicato a questo: From working for nothing to free agent nation (dal lavorare per nulla alla nazione dei battitori liberi). Era già tutto scritto, 15 anni fa.
Oggi la tecnologia sta restituendo un mercato del lavoro disintegrato, dove le prestazioni soggiacciono a frammenti di codice che regola il matching tra un bid (offerta) e un ask (domanda) su una piattaforma digitale. E i lavoratori sono, per dirla con la Klein, una collezione di imprenditori. Senza essere imprenditori. La chiamano economia on demand, con disprezzo la definiscono Gig Economy, l’economia dei lavoretti. (...)
*** Roberta PAOLINI, giornalista, Gig Economy, se il lavoro digitale ci riporta all’Ottocento, 'pagina99', 31 ottobre 2016
LINK articolo integrale qui
(da 'pagina99')
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