Una ventina di rane erano amiche inseparabili. Tutto il giorno saltavano e ballavano e si godevano la vita andando per i campi e bagnandosi nelle pozzanghere.
Un giorno si allontanarono dai loro percorsi abituali: volevano esplorare un nuovo territorio.
Tra un salto e l’altro, tre di loro finirono in un piccolo pozzo: non era molto profondo, però era basso quanto bastava per rendere assai difficile la risalita. Tutte e tre, subito dopo la caduta, si affannarono in ogni modo per recuperare l’uscita. Dall’alto, però, le amiche, spaventate per la loro caduta, erano disperate: guardavano i loro tentativi ripetuti di venire fuori e commentavano: “E’ inutile, non ce la potranno fare mai. Il pozzo è troppo profondo: purtroppo le abbiamo perse.”
In effetti le tre rane provavano e riprovavano, ma le loro zampette scivolavano ogni volta lungo le pareti.
Sembravano esauste.
Due di loro, anche sentendo i commenti pessimistici delle amiche, si arresero.
La terza insistette.
E alla fine trovò miracolosamente un appiglio: riuscì a darsi la spinta decisiva e finì nell’erba fuori dal pozzo.
Le amiche applaudirono, incredule.
“Ce l’hai fatta, ce l’hai fatta, sei stata bravissima”.
Una rana le chiese come avesse fatto a non arrendersi.
Lei non rispose.
Sì, era senza fiato per lo sforzo.
Ma soprattutto era sorda.
*** Massimo Ferrario, Le rane nel pozzo, libera riscrittura di un testo di autore anonimo, diffuso in rete e presente in vari siti.
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