L’angelo era sul portone del Paradiso, pronto a ricevere i nuovi venuti con un sorriso benedicente.
- Benvenuto, amico. Come ti chiami?
- Giovanni Rossi.
- Anche tu?
- Già. Me lo dicono da una vita. Ma io sono io, te l’assicuro.
L’angelo scartabellò il registro.
- Lo vedo: queste pagine non sbagliano. Ogni tua caratteristica è descritta minuziosamente. E dicono anche qual è il tuo posto riservato. Il mio angelo collaboratore ti ci condurrà subito.
Giovanni Rossi viene accompagnato: in fondo al paradiso, in un angolo defilato.
Dopo mezz’ora il neovenuto torna dall’Angelo guardiano: è un po’ irritato e molto dispiaciuto.
- Che c’è, amico?
- Ti confesso che mi aspettavo qualcosa di più.
- In che senso?
- Il posto che mi hai assegnato, certo, è in Paradiso. Ma il panorama non è niente di speciale. Ho visto altri sistemati assai meglio. Forse mi meritavo qualcosa di più. Ho passato la vita a cercare di somigliare a Mosè. Non è che per caso il registro ha confuso il mio nome, così comune, con qualche altro Giovanni Rossi?
L’angelo sorrise.
- Vedi? Qui nel librone c’è la conferma di quello che tu stesso dicevi: tu sei tu. Nessuno sbaglio. E’ vero, per tutta la vita ti sei sforzato di essere Mosè: lo dice anche il registro. Qui sta il punto: non sei stato Giovanni Rossi.
*** Massimo Ferrario, Essere ciò che si è, per ‘Mixtura’, breve racconto ispirato a un testo contenuto in Alejandro Jodorowsky, Cabaret mistico, 2006, Feltrinelli, 2008, traduzione di Michela Finassi Parolo
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