sabato 26 gennaio 2019

#FAVOLE & RACCONTI / I due 'sbagli felici' di Dio e di Eva (Massimo Ferrario)

Dio aveva appena creato Adamo dal fango della terra e, subito dopo, aveva tratto Eva da una costola di Adamo mentre lui dormiva.

Ambedue ora erano in piedi, spaesati: si stropicciavano gli occhi, per difendersi dalla luce accecante e dai colori sgargianti che inondavano il paesaggio sconosciuto
Dove si trovavano?
Adamo, soprattutto, era inquieto, mentre Eva cercava di orientarsi guardandosi attorno.

Dio li osservava con benevolenza e compiacimento.
Scrutava il loro fisico in ogni sua parte e leggeva le loro anime.
Era orgoglioso del risultato: dalle sue mani era uscita davvero una bella coppia, armoniosa, proporzionata, anche attraente. E dal prototipo così ben costruito lui avrebbe potuto ora generare una intera popolazione di umani che avrebbero goduto del Paradiso in eterno, facendo la loro e la sua felicità.

Anche se...
Per carità, nessuna mancanza grave. Tuttavia...
Fissando bene i due corpi di Adamo ed Eva e leggendo con attenzione dentro di loro, Dio ebbe un lampo: forse, avrebbe potuto aggiungere ancora qualcosa.

Chiamò a sé Adamo ed Eva e disse loro.
«Rassicuratevi e rallegratevi. Voi siete i miei figli: io vi ho generati e vi ho dato il nome di Adamo ed Eva. Ora siete nel Paradiso Terrestre: e non potreste augurarvi di essere in un posto migliore. Più tardi vi dirò poche parole che vi aiuteranno a orientarvi in questo meraviglioso mondo che ho creato per voi. Adesso mi preme dirvi che ho due doni da farvi: uno a testa. Uno fisico e uno psicologico: ambedue, in misura diversa, renderanno più comoda e piacevole la vita che vi attende. Vi presento il primo dono: a differenza del secondo, questo si può vedere e toccare. Eccolo».

Dio mostrò la piccola cosa che teneva tra le mani e ne descrisse finalità e funzionamento.
«Come esseri umani, scoprirete subito che, oltre a mangiare, dovrete anche dissetarvi. E l'acqua che ingerirete non potrete tenerla dentro di voi, ma dovrete spargerla nei campi. Vi accorgerete che, per come finora ho configurato il vostro corpo, dovrete accoccolarvi per poter urinare. E' un piccolo gesto che oggi vi accomuna: né tu Adamo, né tu Eva potete fare pipì in piedi. Il regalo che vi faccio è modesto, ma forse comodo: ad uno di voi due consegnerò questo oggetto chiamato pene. Con questo potrete spargere acqua in posizione eretta. Nel Paradiso terrestre questa è l'unica funzione di questa appendice che oggi vi manca. Chi vuole il pene?».

Dio non fece in tempo a mostrarlo e a indicare in quale parte del corpo avrebbe dovuto essere aggiunto che Adamo, con irruenza, si fece avanti e pregò, con parole concitate e chiudendo le mani a mo' di preghiera per ingraziarsi il donatore, di favorire lui: disse che, ascoltando la spiegazione, a suo parere sarebbe stato molto più comodo vivere con questo nuovo organo e che tra l'altro lui si sarebbe divertito un mondo. 

Eva era silenziosa: manifestava un visibile disinteresse. 
Dio le chiese esplicitamente il suo pensiero, ma lei rispose con un sorriso ironico che non giudicava quel regalo importante. Se Adamo ci teneva tanto, Dio lo desse pure ad Adamo: il problema di versare l'acqua del corpo da seduta o in piedi, per lei non era un problema.

Dio chiese ad Adamo se, prima di decidere, avesse voluto sapere qualcosa del secondo regalo. Ma lui rispose che non aveva bisogno di altro. Si guardò il corpo, anche toccandoselo con le mani come per esplorarlo e tastarne la fisicità: la muscolatura era perfetta, di cosa d'altro avrebbe avuto bisogno? Se il secondo dono riguardava aspetti più psicologici che fisici, forse, Eva era più adatta.

Adamo quindi ottenne il pene e Dio glielo fece provare subito: nonostante non avesse bevuto ancora nulla, Adamo si ritrovò d'un tratto la vescica piena.
E immediatamente, sentendo lo stimolo impellente, Adamo si liberò, correndo in giro a zampillare acqua per i prati.

Dio sorrise vedendo la gioia infantile di Adamo e si perse a seguirlo con lo sguardo mentre lui, felice e saltellante, si divertiva a fare disegnini con i suoi getti attorno ai fiori e alle piante.

Fu Eva che riportò Dio al presente.
«E per me, Signore?».

Dio ripensò al secondo regalo. E inaspettatamente la sua mente fu attraversata da un'ombra.
Si passò una mano sulla fronte, come per scacciare un dubbio: forse, stava per commettere un errore.
Ma era troppo tardi: se anche si fosse rivelato uno sbaglio quello che stava per compiere, ormai, lo aveva scritto nel destino degli umani nello stesso momento in cui aveva pensato ai due doni. E il destino è tale proprio perché, una volta fissato, non può non realizzarsi.

Dio fissò Eva a lungo: era serio, ma l'atteggiamento era paterno e affettuoso.
«E' un dono molto impegnativo, Eva. Come già ho detto, non ha a che fare col corpo, ma con l'anima. Non si vede e non si tocca, perché non è un oggetto fisico: ma si 'sente dentro'. E spinge ad agire. Io vi ho fatti umani e questo è un dono umano: probabilmente il più umano. Si chiama curiosità. Come vi ho già detto, il Paradiso è una creazione senza confini e infinite sono le piante e le bestie che lo abitano. Per conoscere le infinite varietà di bellezze che vi ho riservato la curiosità è una qualità utile. Te ne faccio dono. Ti auguro di farne buon uso».

Mentre pronunciava queste parole, Dio con una mano accarezzò i capelli di Eva.
E subito Eva sentì una fitta di calore al petto, vicino al cuore: dolce, leggera, piacevole.
Avrebbe potuto ringraziare per il dono ricevuto, ma non lo fece.
E Dio capì che Eva, almeno fino a quel momento, non aveva colto la potenza del regalo appena ricevuto.

Allora Dio richiamò Adamo dalle sue corse per i prati e chiese ad ambedue gli umani, ritti davanti a lui, di prendersi per mano, mentre ascoltavano il breve discorso che si era preparato.

«Cari figli miei, oggi comincia per voi la vita: sarà bellissima. E, soprattutto, sarà eterna. Come eterno è tutto quello che vedete attorno a voi. Le piante, gli animali, l'acqua. Le pianure, le montagne, i mari, i laghi, i fiumi. I deserti, i boschi. Il Paradiso che ho allestito non ha confini e non smetterete di scoprirne le meraviglie: paesaggi incredibili e una specie infinita di animali e vegetali. Avrete piena libertà di agire come meglio credete: potrete mangiare, bere, dormire, viaggiare a volontà. Ogni azione qui in Paradiso non richiede sforzo: è puro godimento. Solo una cosa non dovrete assolutamente fare: avvicinarvi all'Albero delle Mele. Potete mangiare qualunque frutto di qualunque albero, ma non le mele di quell'Albero. Se disobbedirete, questo sarà il vostro peccato originale. E io vi caccerò dal Paradiso: la vita per voi smetterà di essere dolce e serena e conoscerete la fatica, il dolore, la morte. Questo è l'unico divieto che io, come Dio, vostro unico padre, impongo ad entrambi.»

Adamo rispose subito tranquillizzando il Creatore.
«Sarà fatto, Padre. Né io né la mia compagna toccheremo le mele di quell'Albero. Te lo prometto».
Eva non si trattenne: guardò Adamo con stizza.
«Come ti permetti di decidere per me? Sono io che, per me, stabilisco cosa fare e cosa no.»

Poi Eva spostò gli occhi su Dio.
Aveva sentito nel petto la fitta dolce provata quando aveva ricevuto il dono: era come se un tepore suadente invitasse l'anima a non stare zitta.
Fissò il volto di Dio, con rispetto, ma senza titubanza.
«Prima di impegnarmi nell'osservare il divieto, Signore, voglio capire. Perché non dovremmo mangiare quelle mele? Sono avvelenate?».

Dio trattenne a fatica l'irritazione. 
Il suo viso si rabbuiò: la reazione di Eva era il presagio di quello che sarebbe successo?
Difese con piglio l'autorità che si era attribuito.
«Così ho stabilito io, donna: e io sono il tuo Dio. Quell'albero è l'Albero della Conoscenza: ogni mela è un pezzo di sapere. E il sapere è divino, non è fatto per voi umani.»

Eva, visibilmente poco convinta, stava per ribattere, quando un fulmine, partito dal dito di Dio, incendiò il manto d'erba su cui poggiavano i suoi piedi: il fuoco li aveva lambiti quanto basta per averli resi arrossati e aver creato tutt'attorno cenere.
Adamo guardò Eva con un sorriso di soddisfazione: lui non aveva contraddetto la volontà di Dio e ai suoi piedi il prato era intatto: soffice e di un verde tenero.

Passarono due giorni.
L'Albero della Conoscenza veniva rispettato.
Ma ogni volta che Eva gli passava vicino era tentata di afferrare una mela.
Dio la osservava di nascosto ed era molto preoccupato perché leggeva nella sua anima il desiderio ogni volta più forte di violare il divieto.
Sempre più si convinceva di avere commesso un errore: se il suo obiettivo era quello di trattenere in Paradiso con sé per sempre gli esseri umani, la curiosità era un dono che non doveva essere fatto.
Avrebbe dovuto prevedere che immettere la qualità della curiosità nell'anima umana era, in qualche modo, un invito alla sovversione.

Il destino si compì il terzo giorno.
Gironzolando per l'ennesima volta attorno all'Albero Vietato che a lei procurava tanto fascino, Eva decise di staccare una mela: la sbocconcellò, apprezzò il sapore gustoso, ne colse un'altra e corse ad offrirla ad Adamo.
L'uomo, ricordando le parole di Dio, tentò di rifiutare, ma poi cedette e mangiò la mela: era appetitosa, stuzzicante.
In effetti, era una mela strana: faceva venir voglia di mangiarne altre.
E improvvisamente Adamo ed Eva sentirono dentro sé, insopprimibile e inesauribile, la voglia di conoscere. 
E assaggiarono il sapore del sapere. Una piacevolezza, e un bisogno, che non avrebbero più dimenticato: che agì in loro come una droga e che avrebbero tramandato ai figli e ai figli dei loro figli.

Fu quello il peccato originale.

E ciò che accadde successivamente fu la realizzazione della minaccia di Dio.
Dopo un rombo di tuono spaventoso la voce di Dio pronunciò parole di fuoco.
Eva subì la sgridata in silenzio, senza chinare il capo: consapevole della violazione e pronta alle conseguenze.
Adamo cercò di giustificarsi, dicendo che lui non aveva colto la mela, ma si era limitato ad accettare il frutto che Eva gli aveva offerto, persuadendolo della sua bontà particolare.

Poi un fulmine scagliò entrambi sulla Terra e la coppia umana si ritrovò nuda in una grande pozza di fango.
Era un'alba senza nuvole e cominciava a fare capolino il sole.

* * *

Se fu un errore, quello di Dio, e un peccato, quello di Eva, furono due 'sbagli felici': che resero umani gli umani, finalmente nati a se stessi, perché finalmente fuoriusciti dalla inconscietà, prefissata e stucchevole, di un Paradiso eterno.

Ancora oggi, tuttavia, molti umani non hanno capito il contributo determinante di Eva. E non la ringraziano.
Così come coloro che dicono di credere in Dio non ringraziano il loro Dio per averli scagliati sulla Terra facendoli, proprio in virtù di questo atto, terreni e umani come sono tutti gli umani: maschi o femmine, credenti o non credenti.

*** Massimo Ferrario, I due 'sbagli felici' di Dio e di Eva, per Mixtura. Libera rielaborazione di un testo anche diffuso in internet.


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