Mentre trascinava le gambe per i corridoi dell’ospedale continuava a chiedersi come si era stratificata nel tempo questa schizofrenia di ambienti sciatti, disordinati, illuminati da pallori al tungsteno evocativo di rifugi antiatomici e la presenza occasionale di esseri umani all’apparenza competenti e assai compresi dal ruolo di specialista di questo o quel ramo della medicina. Questa figura somigliava a una specie di ape regina alimentata da fuori da un reticolo di api operaie, incapaci di andare oltre a un “di qui, di là, in fondo al corridoio”. Piccole derivate che aprivano in altre conversazioni telefoniche (col marito? con i figli?) giusto il tempo strettamente necessario per rispondere svogliatamente alla domanda d’orientamento del malcapitato di turno, confuso e sofferente per le patologie che si portava in corpo. Non dobbiamo poi dimenticare che questo malcapitato in particolare con l’orientamento aveva dei conti in sospeso fin da quando all’esame di terza media, non era riuscito ad indicare il Nilo sulla cartina muta dell’Egitto.
L’ape regina che invece aveva da tempo superato la fase del grugnito primordiale appannaggio dei portatori di nutrimento, spendeva tre quarti del suo tempo a riscrivere i referti delle sorelle che l’avevano preceduta e l’ultimo quarto era equamente diviso fra le punzecchiature a queste (“eh…non c’è più la terapia del dolore di una volta”) e quelle (come si faceva a darle torto?) al sistema politico che risospinge il flusso dei malati verso la medicina privata.
Operazione peraltro che si apprestava a fare anche lei.
Infatti gli ultimi minuti venivano dedicati alla terapia, naturalmente a pagamento, perché quella gratuita prevedeva anni di lista d’attesa.
E quindi il malcapitato già sofferente di suo per i dolori che lo avevano portato fin lì, aggiungeva adesso anche il problema dei soldi che faceva retrocedere in terza posizione quello dell’incuria dei luoghi. E alla fine metteva comunque mano al portafoglio convinto da un’osservazione che aveva comunque il suo senso “…almeno se lei fa i trattamenti qui ho un collegamento diretto con i fisioterapisti e posso seguire da vicino i progressi “.
Successivamente era stato smistato a una segretaria che a sua volta (interrompendo dialoghi al cellulare sulle ferie da poco concluse) l’aveva smistato a una “coordinatrice” (l’ape ancella di secondo livello , anello di congiunzione fra la regina e le api operaie), la quale, già stremata da un colloquio col paziente precedente esordiva con un “la settimana prossima sono in ferie” più rivolto a se stessa che a chiunque altro.
“Io l’aspetterò, stia tranquilla “.
E nel suo sguardo riconoscente Lui finalmente capì qual era il vero ruolo del paziente all’interno del sistema: alleviare il peso di chi avrebbe dovuto curarlo.
*** Massimiliano CACCAMO, formatore e consulente di sviluppo organizzativo, saggista, scrittore, L'ape regina, l'ape ancella e il paziente, per Mixtura
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