Un giorno si dice che i rastrellatori nazisti nella Roma occupata erano solo musicisti in pensione.
Un altro giorno si dice che i martiri delle Fosse Ardeatine sono stati uccisi perché italiani, e non perché antifascisti ed ebrei.
Un altro giorno si dice che bisogna preservare l’Italia da persone di etnia diversa.
E un altro giorno ancora si diluisce il 25 aprile in una data come tante altre, la proclamazione del Regno sabaudo, la strage di Acca Larenzia, il ricordo delle foibe e così via.
Potremmo prendere il tutto come una catena casuale di gaffe, di “sgrammaticature istituzionali”, di errori storici e di semplice ignoranza, come quella rivendicata dal ministro Lollobrigida.
Oppure possiamo intuire quello che è più probabile: l’estrema destra, andata al potere, ha fame.
Fame di liquidare il 25 aprile come un giorno qualsiasi, fame di sdoganare una pari dignità politica tra partigiani e nazifascisti, fame di riscrivere la storia assolvendo chi va condannato.
Avrebbero potuto chiedere scusa del ventennio e tentare di essere una destra moderna, come provò a fare Gianfranco Fini.
Hanno preferito la rivendicazione delle loro radici, dei loro busti e dei loro miti; hanno preferito ingaggiare una battaglia quotidiana di dichiarazioni e revisionismi. E nascondono ipocritamente il tutto sotto l’ombrello della parola "riconciliazione", fingendo di ignorare che ogni riconciliazione parte dalla distinzione chiara delle ragioni e dei torti.
E no, i nazifascisti di ragioni non ne avevano.
*** Alessandro GILIOLI, giornalista, direttore di radiopopolare.it, 'Facebook', 21 aprile 2023
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