Sarà inelegante citarsi, ma mi serve per rafforzare le poche cose (banali) che voglio dire (e ridire).
Scrivevo quasi due mesi fa, il 6 settembre scorso, alla nascita del governo Conte 2: «Se i risultati, nel giro di breve, non saranno davvero da 'svolta', e osservabili in modo il più possibile oggettivo e non opinabile, alle prossime elezioni, specie se non saranno a fine legislatura, l'estrema destra farà sicuramente il pienone: con centrosinistra e 5S ridotti al lumicino, accusati entrambi di essere a difesa dell'establishment più o meno europeo e 'nemici del popolo sovrano'. E nessuno più, per anni, ci salverà da un nazionalpopulismo fascistoide che potrà smantellare dall'interno (senza carri armati) la democrazia che conosciamo, intossicando definitivamente, più di quanto già non sia avvenuto, ogni cultura di convivenza civile.» (vedi L'azzardo del governo giallo-rosso, in #Spilli, 'Mixtura', qui).
Il voto umbro, checché se ne dica (alcuni tra gli sconfitti si vogliono consolare richiamando la specificità locale e la modesta consistenza del campione su scala nazionale, neppure superiore al 2%), non è un campanello d'allarme: ma un campanone che assorda pure i sordi.
Matteo Salvini, contro il quale è nato l'azzardo del governo attuale (non c'era, e tuttora non c'è, altra ragione che abbia 'convocato insieme' l'accozzaglia giallo-rossa che, appunto in quanto accozzaglia, sta dimostrando di non riuscire a stare insieme), è più rigoglioso che mai: dopo un leggero appannamento per il suicidio post-Papeete, vola nei numeri. E al suo volo si è unita Giorgia Meloni, più arrembante che mai: in Umbria ha superato la soglia magica del 10%. E qualcuno azzarda che domani possa addirittura insidiare il collega in voti ed estremismo.
Se non si blocca il trend nazional-populista estremo (subito, ora), una cosa sola non sappiamo: quando avverrà.
Ma se il governo non diverrà alleanza in grado di produrre un'anima e una visione condivise, su contenuti sociali concreti e di rottura rispetto al passato e di sfida vera e radicale all'elettorato popolare, finora 'costretto' a tifare destra estrema per mancanza di competizione da parte di una sinistra che non c'è e di un centro sempre più arroccato ed elitario, la premiership di Salvini, supportata dalla Meloni, è ineluttabilmente all'orizzonte.
Ma se il governo non diverrà alleanza in grado di produrre un'anima e una visione condivise, su contenuti sociali concreti e di rottura rispetto al passato e di sfida vera e radicale all'elettorato popolare, finora 'costretto' a tifare destra estrema per mancanza di competizione da parte di una sinistra che non c'è e di un centro sempre più arroccato ed elitario, la premiership di Salvini, supportata dalla Meloni, è ineluttabilmente all'orizzonte.
E l'abisso prossimo venturo sarà stato favorito, grazie alla costruzione di un'autostrada iperveloce a dieci corsie graziosamente offerta chiavi in mano all'opposizione, proprio dall'esperimento del malriuscito Conte 2: che nelle dichiarazioni, reboanti e retoriche come sempre, aveva promesso una 'svolta' epocale e che nei fatti neppure ha saputo comunicare quel pochissimo di buono che pure è riuscito a mettere in campo.
Tutto ciò è grave sempre. Ma soprattutto è imperdonabile oggi. Come pure dovremmo tutti sapere ma, almeno dalle nostre parti politiche, non abbiamo imparato, la comunicazione conta ancora di più dei fatti: se è vero che c'è chi vende, tra gli applausi e il tifo della gente, insieme a problemi inventati e a soluzioni semplicistiche che non risolvono i problemi veri, un'infinità di fatti mai fatti.
Una sana etica dovrebbe impedirci di raccontare panzane: ma, a maggior ragione in un mondo di narratori di falsità, la battaglia politica non può limitarsi a stigmatizzare le turlupinature altrui. Deve contrapporre azioni precise e chiare che cambino la realtà nella sua materialità, oltre che nelle sue percezioni, dando risposte non illusorie ai bisogni fondati degli ultimi e dei penultimi della società: disoccupati, lavoratori precari, emarginati, ceto medio impoverito. Tutto un 'popolo', questo sì specifico e omogeneo, che da troppo tempo è dimenticato da chi una volta provava ad ascoltare e a rispondere e oggi è solo strumentalmente coccolato da imbonitori aventi come unico fine l'aumento ossessivo di potere in proprio: tanto sbavanti, per questo, da cedere al lapsus di invocare i "pieni poteri", perfetti per svuotare qualunque democrazia costituzionale, magari lasciandone intatto l'involucro.
Uno scenario aiutato dai troppi gonzi che non vedono. E che, se vedono, non capiscono: così assorbiti dal tifo per chi li prende in giro da non vedere e da non capire la presa in giro.
Ma questo è lo scenario che ci è dato vivere e che peraltro ci siamo costruiti, o abbiamo lasciato che altri costruissero.
In questo contesto chi fa politica in contrasto con la deriva dominante è chiamato ad agire, mettendo in atto al più presto contenuti che portino a risposte, anche radicali, che gli interessati 'vedano davvero' nei loro effetti e siano capaci di mitigare la sofferenza e il rancore fin qui accumulati.
Urge porre fine all'epoca delle parole vuote, uguali alla retorica vuota venduta fino ad oggi, per la quale milioni di cittadini, arrabbiati, si sono rifugiati nell'astensionismo, o hanno 'dovuto' credere ai miraggi del nazional-populismo creduto ultima spiaggia.
E ripetere che gli altri sono brutti-e-cattivi non serve: anzi, in un periodo in cui bruttura e cattiveria sono di moda, serve solo a rinforzare l'avversario, che ama viversi e farsi trattare come nemico per 'giustificare' la sua compiaciuta e assoluta alternatività.
Non si può non aver sentito il campanone umbro: e non c'è bisogno di richiamare Ernest Hemingway e John Donne per ricordarci per chi suona la campana.
*** Massimo Ferrario, Il campanone dell'Umbria, per Mixtura
Tutto ciò è grave sempre. Ma soprattutto è imperdonabile oggi. Come pure dovremmo tutti sapere ma, almeno dalle nostre parti politiche, non abbiamo imparato, la comunicazione conta ancora di più dei fatti: se è vero che c'è chi vende, tra gli applausi e il tifo della gente, insieme a problemi inventati e a soluzioni semplicistiche che non risolvono i problemi veri, un'infinità di fatti mai fatti.
Una sana etica dovrebbe impedirci di raccontare panzane: ma, a maggior ragione in un mondo di narratori di falsità, la battaglia politica non può limitarsi a stigmatizzare le turlupinature altrui. Deve contrapporre azioni precise e chiare che cambino la realtà nella sua materialità, oltre che nelle sue percezioni, dando risposte non illusorie ai bisogni fondati degli ultimi e dei penultimi della società: disoccupati, lavoratori precari, emarginati, ceto medio impoverito. Tutto un 'popolo', questo sì specifico e omogeneo, che da troppo tempo è dimenticato da chi una volta provava ad ascoltare e a rispondere e oggi è solo strumentalmente coccolato da imbonitori aventi come unico fine l'aumento ossessivo di potere in proprio: tanto sbavanti, per questo, da cedere al lapsus di invocare i "pieni poteri", perfetti per svuotare qualunque democrazia costituzionale, magari lasciandone intatto l'involucro.
Uno scenario aiutato dai troppi gonzi che non vedono. E che, se vedono, non capiscono: così assorbiti dal tifo per chi li prende in giro da non vedere e da non capire la presa in giro.
Ma questo è lo scenario che ci è dato vivere e che peraltro ci siamo costruiti, o abbiamo lasciato che altri costruissero.
In questo contesto chi fa politica in contrasto con la deriva dominante è chiamato ad agire, mettendo in atto al più presto contenuti che portino a risposte, anche radicali, che gli interessati 'vedano davvero' nei loro effetti e siano capaci di mitigare la sofferenza e il rancore fin qui accumulati.
Urge porre fine all'epoca delle parole vuote, uguali alla retorica vuota venduta fino ad oggi, per la quale milioni di cittadini, arrabbiati, si sono rifugiati nell'astensionismo, o hanno 'dovuto' credere ai miraggi del nazional-populismo creduto ultima spiaggia.
E ripetere che gli altri sono brutti-e-cattivi non serve: anzi, in un periodo in cui bruttura e cattiveria sono di moda, serve solo a rinforzare l'avversario, che ama viversi e farsi trattare come nemico per 'giustificare' la sua compiaciuta e assoluta alternatività.
Non si può non aver sentito il campanone umbro: e non c'è bisogno di richiamare Ernest Hemingway e John Donne per ricordarci per chi suona la campana.
*** Massimo Ferrario, Il campanone dell'Umbria, per Mixtura
Nessun commento:
Posta un commento