Tutte le mattine, dopo che le bambine sono uscite per la scuola, Paola ed io ci gustiamo quel quarto d'ora di silenzio assoluto, prima di scendere in studio a lavorare. La casa sembra più grande, le ore davanti a noi appaiono promettenti, gli spazi improvvisamente ariosi, eccedenti, fuori scala.
Tutti i pomeriggi, quando le bambine rientrano da scuola, la casa torna a essere più piccola. Gli spazi si restringono, le ore collassano, il tempo è di nuovo quel gomitolo dove tutto accade tutto insieme, in cui ti trovi a scrivere un articolo urgente mentre fai una partita a "Uno", o pensi al finale di un capitolo mentre prepari i finocchi gratinati, o ricevi una telefonata mentre stai ripassando le tabelline, e invece di "pronto" ti sbagli e dici a chi sta dall'altro capo del filo: "Otto per sette!" e la cosa buffa è che, presi alla sprovvista, la risposta non la sanno mai.
Le nostre giornate sono spesso così, con lo spazio e il tempo che si espandono e si contraggono, come il battito di un cuore.
Poi ci sono i giorni o le settimane in cui a uno dei due tocca partire, allontanarsi per presentazioni o per lavoro, anche per diversi giorni di fila, e allora sperimentiamo questa alternanza tra dentro e fuori, tra essere qui e altrove, proprio come capita a tutti.
Forse una famiglia, alla fine, non è altro che questo.
Il continuo alternarsi tra stringersi e lasciare spazio, fra vicinanza e distanza, fra il calore dell'esserci e il desiderio/paura di ciò che sarà. Ma sapendo che tutto nasce proprio dall'equilibrio fra queste due polarità.
Entrambe necessarie, non sempre distinguibili con chiarezza, indispensabili come l'aria che entra ed esce dai polmoni, dove non contano dentro o fuori ma solo il respiro che formano insieme, ciò che chiamiamo, semplicemente, vita.
*** Matteo BUSSOLA, 1971, scrittore, fumettista, conduttore radiofonico, facebook, 25 ottobre 2019, qui
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