Ce la prendiamo con Salvini, ma forse è il caso di riconoscere che si fa fatica a fare gli incontri umani che si facevano una volta. C'è molta rigidità, il gioco è bandito, l'altro è un bersaglio su cui scaricare le nostre tensioni, non una via per adire al sacro, al divino. Ma così il mondo diventa una galera e non è Salvini che ci porta a destra, siamo noi che portiamo Salvini a destra: lui si spinge dove sente che batte il cuore della maggioranza. Un mondo senza scatti immaginativi, un modo in cui i moti affettivi mettono a disagio, è di fatto un mondo di destra. La condizione naturale è l'ostilità e questa condizione non l'ha inventata un politico vanitoso e accaldato. Non possiamo centrare tutto il ragionamento sulle nostre relazioni coi migranti. Il cuore della questione sono le relazioni tra di noi. A me sembrano relazioni malate, protese all'immunità più che alla contaminazione. Relazioni in cui anche la lingua è giocata sull'ovvio o sull'aggressività. Non sono gradite le aperture all'impensato. In un mondo del genere il deperimento di personaggi come Salvini non ci salverà. Dobbiamo pensare a come tenere viva l'immaginazione, dobbiamo usare la poesia come uno degli ultimi strumenti umani che abbiamo per salvarci. La poesia come esercizio contro l'autismo corale, contro una politica che insegue le nostre miserie più che produrle.
*** Franco ARMINIO, scrittore, poeta, paesologo, facebook, 4 luglio 2019, qui
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