martedì 8 novembre 2016

#RITAGLI / Competenze, non servono (Salvatore Settis)

Bisognerebbe ricordarsi più spesso di un aforisma di Goethe, che dice più o meno così: “Le discipline di autodistruggono in due modi, o per l’estensione che assumono, o per l’eccessiva profondità in cui scendono”. Bisogna trovare un equilibrio tra lo specialismo e la visione generale. La tendenza che si sta affermando nei sistemi educativi un po’ in tutto il mondo, ma in particolare in Italia è educare a “competenze” piuttosto che a “conoscenze”.

[D: Competenza vuol dire possedere oggetti conoscitivi e capacità. Conoscenza vuol dire farsi modificare dalle cose che si incontrano, giusto?]
E poi non c’è conoscenza senza sguardo critico, cioè senza il dubbio. La scuola ci insegna delle cose, ma dovrebbe soprattutto insegnarci a dubitare di quello che essa stessa ci insegna.

[D: E invece?]
Il modello dell’educazione di oggi è quello di Tempi moderni, di Charlot che fa l’operaio e esegue un solo gesto: prendere la chiave inglese e girare un bullone. L’ideale del nostro bell’ideologo-intellettuale-riformatore dell’educazione è proprio “formare” qualcuno che fa una sola cosa, e la fa senza pensare. Un modo di mortificare la ricchezza della natura umana. E la democrazia viene uccisa.

[D: A proposito di non-specialismi: quanto è stato importante per lei leggere disinteressatamente, senza un fine di studio. Così per piacere, e per avventura?]
E’ essenziale per tutti. La curiosità intellettuale è il sale della formazione. Guai se uno dovesse leggere i libri o guardare i film che qualcuno gli ha ordinato di guardare o di leggere. Tutti inseguiamo delle curiosità senza scopo. E lo facciamo anche con gli esseri umani: se a una cena c’è una persona interessante ci parliamo. Così dobbiamo fare anche coi libri o con la formazione.
(...)
La burocratizzazione del mondo avanza mentre gli stessi governanti continuano a dirci che stanno facendo una lotta dura e senza paura contro la burocrazia. Il fatto di dover riempire mille moduli, dover scrivere mille sciocchezze: è come se non ci si fidasse della responsabilità dell’essere umano. Un professore si giudica dai risultati, da come fa lezione agli allievi. Nel caso di un professore universitario c’è la ricerca. Che poi viene spesso valutata male.

[D: Perché?]
L’Amvur valuta gli articoli senza leggerli. Se esce in una cosiddetta rivista di serie A viene valutato bene, se no niente. E’ una sciocchezza: molti ottimi articoli specialistici escono in riviste di serie B o di serie C. Questo è un modo di ragionare che può uccidere la ricerca universitaria. (...)

*** Salvatore SETTIS, archeologo e storico dell’arte, già direttore della Normale di Pisa, intervistato da Bruno GiuratoSalvatore Settis, la buona scuola non è buona. E le "competenze" non servono a niente, 'linkiesta', 7 febbraio 2016

LINK intervista integrale qui


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