L'indomani sarebbe stato il suo compleanno e il bilancio degli anni, a quel momento, era più che positivo. Aveva vissuto la vita che desiderava: non si era fatto mancare un divertimento, un'avventura, una follia. Soldi e donne a volontà: i giorni per lui erano solo piacere. Mai una sofferenza. Mai un dolore.
Poi, quella notte, ci fu il sogno.
Si ritrovò soffuso da una nuvola soffice. Dal biancore lattiginoso, se ne uscì un angelo, che si diresse dritto a una piccola cesta. Abbandonata da qualcuno, che nel sogno non si vedeva, riportava un cartello inequivocabile: a caratteri cubitali, campeggiava la scritta 'sofferenze'. Il giovane ovviamente capì subito che il proprietario della cesta non era lui. Pensò invece alla vita di stenti di suo padre, che ogni giorno lo incitava a mettere la testa a posto, a capire che esistono anche i doveri e i sacrifici. Magari quella cesta era la sua. L'angelo, lentamente, la svuotava: per ogni piccolo sasso, che l'angelo riponeva in un porzione di nuvola accanto alla cesta, compariva e si moltiplicava un lingotto d'oro. Oro puro, a 24 carati.
Quando il giovane vide la piccola montagna d'oro, decise di abbandonare il sogno e si svegliò.
"Ho capito", si disse. "E per fortuna sono ancora in tempo".
Dall'indomani cambiò vita. E con costanza, quotidianamente, adottò comportamenti opposti a quelli tenuti sino a quel momento.
Il giovane invecchiò.
Rifiutando ogni momento di gioia e ricercando solo privazioni e sacrifici, era diventato un uomo insopportabile: abbandonato da tutti, coltivava una solitudine rancorosa.
Ormai gli era rimasta soltanto la speranza di essere presto liberato dalla morte e di poter finalmente meritarsi l'oro del Paradiso che aveva sognato in gioventù.
Ci pensava tanto che ogni notte, prima di addormentarsi, pregava di rivedere l'Angelo: ora, pensava, la sua cesta era colma. E lui era pronto.
Fu così che una notte sognò il sogno di allora.
Era esattamente lo stesso: quello che lui aveva interrotto, quando aveva visto la montagna di lingotti d'oro che cresceva e si moltiplicava ad ogni piccolo sasso che l'angelo toglieva dalla cesta.
L'angelo, stavolta, lo accolse con un sorriso che sapeva di rimbrotto.
"Te ne sei andato troppo presto."
Il vecchio non capì: "Me ne sono andato troppo presto?"
"I sogni non si lasciano. Ci parlano se li seguiamo sino alla fine".
L'angelo riprese i fotogrammi del sogno interrotto.
Metteva mano al mucchio di uova d'oro impilate: con calma prendeva ogni lingotto e lo riponeva in una nuova cesta, assai più grande di quella che aveva contenuto i sassi. Alla fine, quando la cesta era colma e quasi impossibile da portare, caricava la cesta sulle spalle della stessa persona indefinita del sogno di tanti anni fa. Le indicava la strada del ritorno e la salutava.
Il vecchio non si trattenne.
"Ma come, mandi via così quella persona con tutto quello che ha sofferto?"
L'angelo ebbe quasi un moto di stizza.
"Mi spiace per il fraintendimento. Ma il Paradiso non è questo. Siete voi che spesso vi costruite l'Inferno per amore del Paradiso. Noi angeli vi possiamo solo mettere in guardia. Sempre che vi prendiate tempo per ascoltarci. Ma voi, quando vedete l'oro..."
*** Massimo Ferrario, Il Paradiso frainteso, per 'Mixtura'. Libera riscrittura creativa di un racconto anonimo.
In Mixtura ark #Favole & Racconti di M. Ferrario qui
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