Sembra una barzelletta e invece è un ricordo, limpido e solido come una pietra, di una delle tante aziende in cui mi è capitato di fare consulenza e formazione manageriale.
Una ventina di anni fa. Filale italiana di una multinazionale dal marchio più che prestigioso. Seminario di manager di 1 linea, amministratore delegato incluso: che siede con i suoi collaboratori diretti e prende appunti, manifestando una diligenza e un coinvolgimento encomiabili e non frequenti.
Si parla di leadership e di stili di collaborazione.
È nota la dipendenza psicologica del gruppo italiano dal Grande Capo americano: è tema fastidioso, che in genere viene rimosso. Ma la consapevolezza del problema esiste. E ogni tanto qualche rimostranza verso l’amministratore delegato per il suo rapporto troppo ossequioso con il Grande Capo americano viene sussurrata, specie ai primi livelli.
Del resto va riconosciuto che il Grande Capo americano, che la fa da padrone assoluto (e anche un po’ autoritario) nei suoi rapporti con tutti, in patria e all’estero, ha autorevolezza e competenze indubbie: difficile tenergli testa in una discussione. Bisogna
essere preparati. Ma, come sempre, se hai argomenti e capacità di interagire, pur con fatica puoi far arrivare il tuo pensiero e negoziare le tue idee.
Proprio sul tema della leadership, intervengo provocatoriamente.
«Anche lui», mi viene da dire, «il vostro Grande Capo, intendo, nonostante lui sia Lui, ogni tanto sbaglierà».
Mi fermo. Già mi guardano come un bestemmiatore in chiesa. In particolare, scuote la testa il n. 1 Italia: un filo di compatimento, si vede che non posso capire, sono un esterno e per giunta un consulente.
Faccio finta di nulla, attendo qualche secondo e insisto: sempre più radicalmente.
«Scusate, ma se vedete che lui, il Grande Capo, inavvertitamente per carità, nulla di voluto, ma la sta facendo fuori dal vaso, voi che fate? Lui non se ne accorge, ma voi sì. Immagino che glielo direte: con i modi giusti e opportuni, com’è ovvio. Ma glielo direte. E’ anche un vostro dovere, mi pare. Non starete zitti: gli farete capire che la sta facendo fuori dal vaso. O no?».
Un attimo di silenzio generale. Quasi di sbandamento, forse di sconcerto.
Poi il n. 1 Italia recupera il silenzio preoccupato dei collaboratori.
«C'è un'altra soluzione, mi pare».
Casco dal pero: sono un fautore del pensiero alternativo, ma in quel caso la scelta mi pareva univoca e scontata. La mia domanda quindi è di sincera curiosità: «Quale?».
Il n. 1 Italia mi guarda, soddisfatto. Un attimo di suspense teatralmente esibito.
Poi, riprendendo sicuro e del tutto serio, mi offre uno dei tanti incredibili apprendimenti che ho potuto raccogliere nella mia quarantennale esperienza di formazione:
«E’ semplice. Basta spostare il vaso.»
Quando creatività e sudditanza vanno a braccetto.
*** Massimo FERRARIO, La leadership e il vaso, rubrica ‘Favole&Racconti’, ‘Mixtura’, 27 giugno 2022
In Mixtura ark #Favole & Racconti di M. Ferrario qui
Nessun commento:
Posta un commento