Beppe Grillo, Matteo Renzi e molti altri stanno firmando in questi giorni il "Patto trasversale per la scienza", scritto da Roberto Burioni e Guido Silvestri. Inizia così:
"Tutte le forze politiche italiane si impegnano a sostenere la Scienza come valore universale di progresso dell’umanità, che non ha alcun “colore politico”, e che ha lo scopo di aumentare la conoscenza umana e migliorare la qualità di vita dei nostri simili".
È inammissibile che nel 2019 lo scopo della Scienza sia relegato da due scienziati a "migliorare la vita dei nostri simili".
Chi sono i nostri simili in questo caso? Gli esseri umani, chiaramente. E, in effetti, in un'Italia in cui la divisione in razze superiori e inferiori è ancora considerata plausibile da tanti e dove si sceglie di aiutare qualcuno in difficoltà a seconda del luogo in cui è nato, l'idea di riferirsi a un insieme di simili è già un passo avanti.
Eppure è davvero poco, molto poco, considerare lo scopo della Scienza limitato ai soli esseri umani. E gli animali? E le piante? E l'ambiente? Davvero è possibile essere ancora così antropocentrici da non capire che è la qualità della vita sulla Terra che va presa in considerazione, e non solo la nostra (come del resto vanno ripetendo da decenni sempre più scienziati)? Che dovremmo imparare a far parte di questo strepitoso ecosistema in maniera armonica e integrata?
A forza di puntare l'attenzione soltanto su noi stessi abbiamo innescato una lunga serie di processi dannosi, trattando la natura come se fosse una fonte infinita di risorse esclusive per l'essere umano: la qualità della nostra vita è migliorata nel breve (forse), ma l'ha fatto a scapito dell'ecosistema. E stiamo già pagando le conseguenze delle nostre azioni irresponsabili. Come ha detto Stefano Mancuso, “Quando ci preoccupiamo per il riscaldamento globale e per tutte le catastrofi ambientali dell’antropocene, è bene essere chiari: noi non ci stiamo preoccupando perché elimineremo la vita dal pianeta; noi non siamo assolutamente in grado di eliminare la vita dal pianeta, al massimo possiamo eliminare noi stessi e poche altre specie".
Buona parte dell'arroganza di certi medici e divulgatori passa da qui: dal sentirsi il soggetto e l'oggetto esclusivo della propria ricerca, finalizzata al progresso dell'umanità.
E se "La scienza non ha fatto progressi che dopo aver eliminato Dio", come scriveva Proudhon, è ora di eliminare anche l'uomo Dio per andare ancora più in là. Altrimenti continueremo stupidamente a identificare la Terra con meno dello 0,3% della biomassa del pianeta (per la cronaca: il restante 99.7% è costituito da piante, come spiega benissimo Stefano Mancuso nel suo libro Verde brillante).
*** Andrea COLAMEDICI, filosofo, editore di Tlon, facebook, 10 gennaio 2019, qui
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