In un piccolo paese dove spesso le galline scorrazzavano per strada incuranti dei carretti viveva un bambino di nome Leo. Aveva sette anni, due guance rosse come mele mature e una curiosità grande quanto il cielo. Governava quel paese un sindaco che amava fare grandi discorsi e promettere ponti anche dove non c'era un fiume.
Verso la metà del suo mandato, il sindaco decise di indire una grande festa per celebrare la sua amministrazione. Ovviamente le sue parole furono molto fumo e poco arrosto, ma le persone, che in passato gli avevano creduto, ormai si erano abituate: l’avevano soprannominato Bugiardonee non se ne preoccupavano più di tanto. Nella foga del discorso, anche per propiziarsi il favore degli elettori per le future elezioni, il sindaco si lasciò scappare, insieme alle solite promesse con cui avrebbe trasformato il paese in un Bengodi per tutti, un impegno particolare per i bambini. "Costruirò il più grande parco giochi del mondo. Proprio qui!", esclamò, indicando un campo vuoto. "E sarà gratuito per grandi e piccini!".
Leo, che ascoltava da dietro un albero, tirò fuori una penna e un foglietto dalla cartella che si portava sempre appresso perché era orgoglioso di far vedere che ormai era grande e andava a scuola. E vi scrisse l’ultima promessa del sindaco, con accanto giorno e ora.
Naturalmente passarono due anni e il parco giochi restò vuoto: neppure un’altalena, solo erbacce.
Arrivarono le elezioni e il Sindaco tornò in piazza per il comizio finale. Leo attese che finisse di dire le sue fanfaronate, poi alzò la mano in mezzo ai pochi che facevano finta di ascoltare. Il segretario del sindaco gli diede subito la parola: bisognava far vedere, specie per ingraziarsi il voto dell’indomani, che anche un bambino, se aveva da dire, poteva dire. Leo avanzò sotto il palco, con calma e decisione. Estrasse il suo bigliettino e lo diede al sindaco attraverso il segretario, che subito, premuroso, glielo portò. Il sindaco lesse e rilesse: poi batté più volte gli occhi, aprendosi il colletto della camicia, come a cercare aria da respirare. Leo urlò a tutti di non allontanarsi e invitò gli indifferenti a farsi vicini. Quindi, a voce alta e sicura, domandò: “Il nostro sindaco, due anni fa esatti, si impegnò pubblicamente ad aprire un parco giochi per noi bambini. Avrebbe dovuto essere il parco più grande del mondo e doveva essere costruito qui: in questo campo. Qualcuno di voi lo vede?”.
Il sindaco era diventato rosso come un peperone. Leo ripeté la domanda. Il sindaco balbettò qualcosa di incomprensibile. Il bambino lo incalzò. “Allora, signor Sindaco?”.
Bugiardone ebbe un lampo e si rianimò: parve ritrovare spirito e parole. Sorrise, rilassato. “Ma il parco c’è, caro il mio bambino. L’avevo promesso e io mantengo sempre ciò che prometto. Il parco c’è. Soltanto che è... invisibile! Sì, è invisibile. Però, se vi sforzate, tutti lo possiamo vedere: è un parco mentale, per esercitare la fantasia, per sognare, per inventare… Ci si entra quando si vuole: è libero e sempre aperto per tutti…".
Il bambino guardò il sindaco. “Dite che il parco è invisibile e che basta la fantasia per vederlo?”.
Il sindaco parve rinfrancarsi: forse aveva trovato la risposta giusta. “Certo. Ci vuole fantasia. Voi bambini ne avete tanta: non fatevela togliere. Siete così bravi a fantasticare che potete insegnare anche a noi adulti a immaginare e vedere ciò che non si vede”. Si rivolse ai compaesani: “Non è così, forse?”.
Leo lasciò trascorrere qualche secondo. Il gruppo di paesani, incuriosito, stava zitto: aveva gli occhi fissi sul bambino. E lui, con un balzo, salì sul palco. “Allora è semplice”, gridò a tutti. “La mia fantasia dice che lei, signor sindaco, non ha nessun titolo per essere sindaco: certo, l’hanno votata, ma per me lei non è stato votato da nessuno. Di più: lei non esiste. Né per oggi, né per domani. Lei non ha né autorità, né potere: esistono solo le sue parole al vento. Questo è ciò che io vedo, se la guardo. Lei è un signor nessuno. Però io sono ancora piccolo: fantastico, come fanno i bambini, lei dice. Sogno. Invento. E soprattutto non voto: quindi non conto nulla. Loro, invece, stanno per votare. E non hanno bisogno della fantasia per far sì che lei non sia più sindaco. Basta una croce, domani, e tutti avremo smesso di farci prendere in giro”.
Non si sa come andarono le cose. Perché chi vende illusioni spesso piace, mentre chi svela le fanfaronate non sempre suscita simpatia, dato che la gente non ama pensare di essere stata ingannata. Forse Bugiardone non fu più sindaco, forse lo fu ancora. Sono certe tre cose. Che Bengodi sta solo nelle favole. Che, almeno in quel paese, un bambino, richiamando gli adulti al rispetto di se stessi, ricordò a tutti cosa deve essere un’autorità. E che, sempre in quel paese, le galline ancora a lungo continuarono a girovagare per le strade, incuranti di tutto: simili a molti (sempre troppi) che galline non sono e non dovrebbero essere.
*** Massimo Ferrario, Leo e il sindaco Bugiardone, ‘Mixtura’, 19gen24. Testo liberamente ispirato a un racconto elaborato su mia specifica richiesta da Perplexity, motore di ricerca di intelligenza artificiale generativa, interrogato il 18gen24
In Mixtura ark #Favole&Racconti di M. Ferrario qui
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