Sono stimolato da due recenti letture occasionali: una riflessione di Nando Dalla Chiesa, sociologo che da una vita studia criminalità organizzata e insegna legalità, e un estratto del celebre Discorso agli Ateniesi di Pericle trascritto da Tucidide nel 451 a. C.
Sono ambedue pezzi brevi e li trascrivo.
Aggiungo in chiusura una mia reazione sullo 'spirito del tempo' in cui siamo da tempo.
1 - Nando Dalla Chiesa
«Andare a cena con un boss mafioso perché "non posso fare le analisi del sangue a ogni mio elettore", difendere il diritto al posto di lavoro di chi se ne è servito per rubare, arruolare fedelissimi incompetenti in ruoli istituzionali che richiedono competenze, praticare pubblicamente prostitute, paragonare i magistrati ai terroristi, umiliare persone innocenti, sono tutti comportamenti che, anche quando formalmente legali, sfregiano lo spirito di legalità fino a stremarlo, rendendolo a lungo andare insostenibile per una democrazia.
È d'altronde a causa di questi striscianti processi di ri-classificazione valoriale che nella società italiana si è assottigliata più che in altre società europee - nessuna delle quali, sia chiaro, esente da scandali - la sfera della morale. E al contrario si è espanso oltre ogni ragionevole misura lo spazio del diritto penale nella regolazione dei costumi e dei giudizi, trasformando di fatto i tribunali nell'unica sede riconosciuta di produzione della morale pubblica.» (Nando Dalla Chiesa, La legalità è un sentimento. Manuale controcorrente di educazione civica, Bompiani, 2023, pp. 192-193)
2 - Pericle
«Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell'eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l'uno dell'altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.» (Pericle, Discorso agli ateniesi, 431 a.C., così come riportato in Tucidide, Storie, II, 34-36)
3 - Spirito del tempo
Provare disgusto, intenso e profondo, per un personaggio politico come Silvio Berlusconi e per i troppi che gli somigliano e non smettono di santificarlo anche da morto, è un test semplice per verificare non certo se siamo onesti e legalitari (nessuno è innocente), ma se almeno abbiamo acquisito l’etica, nei suoi fondamentali, come ‘sentimento’ da avvertire acuto e imprescindibile dentro di noi: compagno di vita necessario per abitare in società con l’onore e la dignità che la Costituzione richiama.
Questo, ovviamente, non basta per essere etici. E meno che meno per credere di esserlo. Ma ne è la precondizione.
Senza la realizzazione di questa precondizione, infatti, continueremo a produrre quella melma (di principi, valori, ideali: cultura insomma) che è alimento perfetto per una società corrotta, indifferente al bene comune e tutta rinserrata nel proprio affarismo, particolare e familista (‘idiota’, direbbero etimologicamente gli antichi greci, a indicare il trionfo del 'privato'): la stiamo producendo, questa insopportabile melma, almeno dagli anni 80 (Craxi docet) e ora vi stiamo definitivamente sprofondando.
Sì, senza la realizzazione di questa precondizione, nessuna democrazia potrà essere rigenerata. E noi, per quanto ci riguarda, abbiamo esaurito anche il ‘post’ della ‘postdemocrazia’: la formula in fondo rassicurante, nella sua voluta imprecisione, per allontanare lo sfascio incombente, già ben visibile all'orizzonte al tempo del suo conio.
Vale per l’Italia. Ma se ci guardiamo un giro, vale anche per molti paesi con cui abbiamo in comune valori che ogni giorno, anche sul piano etico, si pervertono in disvalori che gridano indignazione. Grazie ai tanti ‘berluscloni’ che proliferano, dentro e fuori i confini patri.
Perché se Berlusconi, qui da noi, ha fatto ciò che ha fatto ed è diventato un simbolo, per la maggioranza positivo, del fare politica (ma anche imprenditoria), questo ha potuto avvenire non tanto grazie a lui, che altrove o in altri tempi sarebbe stato subito sanzionato socialmente e ‘bandito’ con ignominia dal contesto, ma grazie alla società: la quale, quando non l’ha applaudito, comunque non l’ha fermato. E la società, benché spesso faccia comodo dimenticarlo, siamo noi cittadini: come singoli e come collettività.
Noi che dimentichiamo che nessuno da solo riesce a imporsi se chi non vuole e disprezza decide di non accettare l'imposizione.
*** Massimo Ferrario, 'Sentire' l'etica, il test infallibile, per 'Mixtura',
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