lunedì 28 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Non possiamo fare niente (Manuela Toto)
#VIGNETTE / Dove sono i 'pacifisti'? (Mauro Biani)
domenica 27 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Pomeriggio di neve (Olav H. Hauge)
#VIGNETTE / Intanto al Cremlino (Natangelo)
sabato 26 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Se il tuo cuore fosse un prato (Francesca Bottari)
venerdì 25 febbraio 2022
#SPILLI / Putin e noi, basta! (Massimo Ferrario)
#SGUARDI POIETICI / L'ultima candela (Damiano Andriolo)
proietta nella stanza
un’ombra tremula, inquieta.
Si consuma nel silenzio,
lacrime di cera scendono,
sa già che la sua ora s’avvicina.
E la fiamma s’alza, altera,
come a voler scolpire sulle pareti
ciò che resta di sé a futura memoria.
Un ultimo sussulto,
si spegne, e un fil di fumo
s’alza lentamente verso il cielo.
#FAVOLE & RACCONTI / Il serpente in ospedale (Massimo Ferrario)
#VIGNETTE / Noi con Dio (Mauro Biani)
giovedì 24 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Mio padre mi diceva che per fare felice una donna (Gio Evan)
Non ci vuole molto
Ma ci vuole molto
Non ci vuole molto impegno, mi diceva
Ma ci vuole molta passione
Non ci vogliono molti soldi
Ma ci vuole un sacco di creatività
Tu portala a passeggiare, mi diceva
Portala nei vicoli della città
Portala a guardare le cose piccole
Come le vecchiette che annaffiano dai balconi
Che poi le passeggiate
Aiutano pure ad innamorarsi di più, mi diceva
Perché quando si cammina
I pensieri stupidi scorrono via
Rimane solo il giorno
Rimane solo il presente, la bellezza di questo momento
Rimanete solo voi due
Quella sarà la prova del nove
Fate un bell'aperitivo insieme
Riposatevi dalla passeggiata
Bevete, mangiate, ridete
Diamine, falla ridere
Oh, io ho ancora fame, andiamo a cena?
Ecco, se ti dice così
Allora significa che quella persona
Sta davvero bene con te
Perché una donna
Quando sta bene
Ha sempre fame
#VIGNETTE / Un'arca di Noè senza l'uomo (GianLorenzo Ingrami)
mercoledì 23 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Sono stanca (Francesca Bottari)
#MOSQUITO / E venne il tempo della venalità generale (Karl Marx)
#VIGNETTE / Scusi, a che ora inizia la guerra? (Fabrizio Fabbri)
martedì 22 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Forse non essere è esser senza che tu sia (Pablo Neruda)
#VIGNETTE / Campo largo (Natangelo)
lunedì 21 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Gli ultimi istanti prima di una guerra (Federico Pichetto)
#VIGNETTE / Azione, si gira! (Stefano Rolli)
domenica 20 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Siamo uccelli (Alessandro Bergonzoni)
#VIGNETTE / Mani Pulite, ti ricordi 30 anni fa? (Mauro Biani)
sabato 19 febbraio 2022
#CIT / Per insegnare (Jean-Jacques Rousseau)
#VIGNETTE / Hello Donald (Tomas)
venerdì 18 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Invecchiando (Hermann Hesse)
#VIGNETTE / 30 anni fa, Mani Pulite (Natangelo)
giovedì 17 febbraio 2022
#FAVOLE & RACCONTI / Il suono della campana (Massimo Ferrario)
Kung-Fu, il direttore del piccolo monastero di montagna, chiamò il giovane novizio, Li-Pen. Decise che non si sarebbe più occupato della campana, ma del rifornimento quotidiano di acqua e legna.
Li-Pen chinò il capo, ma non nascose la sua insoddisfazione. "Mi piaceva suonare la campana. Lo considero un compito importante: perché è il rito che ci accompagna nella giornata. Ci aiuta a ritmare le ore e ci tocca l'anima. Placa il nostro pensare, spesso confuso e ripetitivo, e ci apre al Cielo. Il suo suono è una risonanza che ci ispira."
"Condivido perfettamente, caro Li-Pen. E' questo, sono sincero, che un po' è mancato nella tua prestazione. Che era, appunto, una prestazione: precisa, anche perfetta. Ma sempre e solo una prestazione. La domanda che ogni volta mi facevo, sentendo la ‘tua’ campana, era dove tu fossi. Ti sentivo fuori: esterno, non partecipe. Per questo, e non certo per punirti, credo che, almeno per un po' di tempo, sarà meglio che tu ti dedichi ad altre attività, del resto anche queste fondamentali per la nostra vita giornaliera. Come faremmo a lavarci e a scaldarci senza acqua e senza legna?”
Li-Pen non voleva contestare, solo spiegare. "Ho sempre cercato di essere puntuale, Kung-Fu. Non ho mai dimenticato un turno. Credevo di fare bene il mio lavoro. Sono dispiaciuto: ma se questo è il tuo volere, così sia." Kung-Fu sorrise, benevolente: la giustificazione addotta dal giovane lo confermava nella scelta.
Il giovane venne sostituito da Li-Wu, il monaco più anziano.
Dopo un mese, il direttore chiamò Li-Pen e Li-Wu. "Volevo ringraziare Li-Wu per l'impegno che in questi trenta giorni si è aggiunto alle sue normali incombenze. Anche per questo, come gli avevo preannunciato un mese fa, da ora la cura della campana non sarà più sua.”
Il direttore interpellò poi Li-Pen. "Da un mese Li-Wu ci ha ispirato con il suono giornaliero della campana. Quali sono state le tue emozioni?"
Li-Pen era entusiasta. "Ho provato emozioni che non credevo possibili, Kung-Fu. Mai avevo sentito un suono così pieno e rotondo, una vibrazione così intensa, profonda, pura. Tutta la mia anima è stata come invasa ogni volta da quel suono. Si dice che nella campana, quando è magicamente fatta suonare, c'è la voce di un dio. Devo ringraziare il confratello Li-Wu: ogni volta era come se un dio mi toccasse le corde che ho annodate dentro di me e le sciogliesse, lasciandole libere di volare oltre ogni confine. E' stata un'esperienza unica. Davvero."
Li-Wu era imbarazzato: non era abituato alle lodi e si schermì. "Eseguivo solo il compito che mi era stato assegnato. Tutto qui."
Il giovane, accalorandosi, intervenne subito per dissentire. "E' proprio questo il punto, caro Li-Wu. Non c'è stata, da parte tua, esecuzione di un compito. Ero io che tentavo di eseguire un compito. Ma suonare la campana è altro. L'ho sentito, e l'ho appreso, ma prima ancora l'ho visto. Grazie a te".
Kung-Fu fu sorpreso: "L'hai visto?"
"Certo. Li-Wu non si è accorto, ma più volte ho spiato per cercare di carpirgli il segreto. Di nascosto sono salito sulla torre e ho assistito alla sua preparazione: l'inchino prima dei rintocchi, come per rispettare il suono che poi la campana avrebbe dovuto emanare; il momento di raccoglimento con cui riempiva preventivamente la sua anima del tocco che si accingeva a battere; la concentrazione esclusiva e totale su ciò che si accingeva a fare... Da fuori tutto questo può apparire una semplice procedura formale, invece è sostanza. E' quello che fa accadere ciò che poi accade. Quando la campana risuona nell'anima di chi la ascolta e ti senti trasportato oltre la terra: lassù verso il Cielo. Dove vibra la purezza profonda e rotonda della voce che evoca il divino."
Kun-Fu abbracciò Li-Pen. "Hai detto cose che sento ti sono venute da dentro. Adesso so che sei pronto per suonare davvero la campana."
*** Massimo Ferrario, Il suono della campana, per ’Mixtura’ - Libera riscrittura di un testo di ispirazione zen.
#VIGNETTE / Mi impressiona l'evoluzione (Mauro Biani)
mercoledì 16 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Non basta la sintassi (Massimo Salvadori)
#MOSQUITO / Ho chiuso con le grandi cose e i grandi progetti (William James)
#VIGNETTE / Eutanasia, bocciato il referendum (Natangelo)
martedì 15 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / A corte c'è grande costernazione (Otoko Shiranami)
#MOSQUITO / Fine per cecità mentale (Guido Piovene)
#VIGNETTE / Scherzare col fuoco (Lele Corvi)
lunedì 14 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Lacerti (Andrea Galli)
#FAVOLE & RACCONTI / Lo stregone e il legame d'amore (Massimo Ferrario)
#VIGNETTE / Notte in casa Draghi (Natangelo)
domenica 13 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / C'è caos (Gloria di Palma)
#VIGNETTE / Pd primo partito (Stefano Rolli)
sabato 12 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Matematicamente (Alessandro Bergonzoni)
#FAVOLE & RACCONTI / La successione al monastero (Massimo Ferrario)
#VIGNETTE / Presidenzialismo (Mauro Biani)
venerdì 11 febbraio 2022
#SGUARDI POIETICI / Ogni anno, mentre scopro che febbraio (Giuseppe Ungaretti)
#FAVOLE & RACCONTI / Lo scemo del villaggio (Massimo Ferrario)
Era accaduto ancora.
Lui era entrato al bar dell'Angelo d'Oro, il locale centrale del paese, sulla piazza della chiesa. In genere, specie d'estate quando l’afa era pesante, il barista gli offriva un bicchiere di birra. Lui ringraziava, beveva, ma prima di andarsene c'era sempre qualcuno che si divertiva: metteva sul bancone una banconota da cinque euro insieme con una moneta da un euro e gli chiedeva di scegliere, intascando la moneta o la banconota. Il solito gruppo di avventori che si avvicendavano in quello che consideravano un gioco spiritoso, ma che era tale solo per i poveri di spirito che insistevano a farlo, assisteva in silenzio: sapevano in partenza come sarebbe finita e si preparavano a gustarsi l'ennesima derisione in pubblico che sarebbe seguita nei confronti del povero disgraziato.
Lui era il 'barbone' del paese: dormiva per strada e, quando non riusciva a farsi offrire qualche lavoretto pagato, chiedeva la carità. Senza insistenza, rispettando l'indifferenza degli altri. Diceva sempre grazie, anche quando nessuno gli allungava qualche centesimo, e non disturbava nessuno. Ma tutti lo prendevano in giro perché era considerato lo 'scemo del villaggio'.
Quella volta, dopo che, come sempre, lui aveva scelto la moneta da un euro lasciando sul bancone la banconota da cinque euro, tra gli sghignazzi generali e i soliti insulti di 'sceeemo sceeemo', un nuovo cliente del bar, proveniente dal paesino vicino e che quindi non conosceva il pover’uomo, decise di intervenire.
Quando tutti smisero di deriderlo e se ne uscirono dal bar, il forestiero si avvicinò all’uomo e, con molto rispetto, gli fece notare quello che era accaduto. Perché sceglieva la moneta da un euro quando poteva prendere la banconota da cinque? Era ovvio che con questa scelta ci perdeva quattro euro.
Il barbone fissò il forestiero, scuotendo il capo. «Non mi conosci, buon uomo. Apprezzo il tuo coinvolgimento. Ma forse tu non sai che io qui sono conosciuto come lo 'scemo del villaggio'. Lo pensi anche tu?».
«Io no. Non ti conosco, è vero. Ma sono abituato a rispettare le persone. Non ho motivo per credere che tu sia quello che dicono. Se ti comporti così avrai le tue ragioni. Solo che non le conosco. E, se posso dirtelo senza che ti offendi, non capisco il tuo comportamento. Potresti guadagnare di più, invece ci perdi».
«Mi piaci, forestiero. Peccato che non sei di qui. Potremmo frequentarci e magari diverremmo amici. Perché, sai, io qui sono chiamato ‘lo scemo del villaggio’, ma non sono scemo. Questo gioco che fa divertire quei poveretti che poi sghignazzano additandomi al pubblico ludibrio si ripete spesso. Lo fanno apposta per prendermi per i fondelli. Sai cosa succederebbe se per una volta scegliessi la banconota da cinque euro anziché la moneta da uno?»
«Non lo so. Forse ti metteresti in tasca quattro euro in più.»
«Vero. Ma sarebbe la prima e ultima volta. Credi che loro, gli intelligentoni che amano fare questo gioco scemo, per sentirsi superiori a un povero disgraziato come me creduto scemo, continuerebbero a farlo? ».
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