giovedì 27 febbraio 2025

#SPILLI / Il mantra del 'fare i propri interessi' (Massimo FERRARIO)

Da destra e da sinistra (ma richiamare qui destra e sinistra è solo un modo vetusto e obsoleto di usare due categorie politiche preistoriche: difficile oggi trovare una sinistra che non sia contaminata dalla destra) è tutto un inneggiare-al, e giustificare-il, perseguimento dei propri interessi. 

Avere il fuoco sui propri interessi è diventato infatti il criterio guida vantato come indice di correttezza dei propri comportamenti: sia di individui, nei rapporti interpersonali, che di Paesi, nelle relazioni internazionali.

Forse non ci si accorge, ma questa convinzione è grave dal punto di vista del pensiero logico. Perché farsi pilotare principalmente dal proprio interesse significa di fatto teorizzare la giustezza di un aut-aut. ‘Aut-aut’ non è inglese, come qualche giovane virgulto in carriera manageriale incontrato anche recentemente credeva. E’ latino. E significa ‘o-o’. Cioè, in questo caso: “o-io-o-io”.  E’ un’asserzione dura e drastica. Che denega ogni possibilità di un et-et: “e-io-e-gli altri”.

A livello individuale, questo egoismo, spinto al limite, arriva all’omicidio. A livello internazionale, questa autocentratura sul Paese in cui ci siamo identificati con un ‘first’ che precede, come un pugno in faccia a tutti gli altri, il nome X della ‘nazione’ di cui ci vantiamo, è l’autostrada  per la pulizia etnica: restano in vita solo quelli che hanno il ‘sangue giusto’ di quel Paese che dichiara che i suoi interessi sono e devono essere ‘first’, termine che in un tempo neppure troppo lontano era tradotto come ‘über alles’.

Ma restiamo a livello internazionale.

Chi eccepisce a questo criterio oggi ogni volta richiamato (“Ovvio che ogni nazione faccia il proprio interesse: vuoi forse che si preoccupi degli altri Paesi? Sono gli altri Paesi che devono preoccuparsi dei loro interessi, è così che va (deve andare) il mondo...”) viene stigmatizzato in due modi. Uno è più volgare e l’altro è (creduto) più scientifico. Il primo si condensa nell’insulto: “Non fare l’'anima bella', cresci ragazzo, cresci”. L’altro, non meno ingiurioso nelle intenzioni, spreca a sproposito un termine saputello e pseudoscientifico che vorrebbe essere nobile: ti dicono, con sguardo falsamente compassionevole, che “è la Realpolitik, caro mio” e ti mandano a casa con un buffetto sulla spalla come si fa col bambino ignorante. 

A me sembra incredibile che non si capisca che, se i propri interessi (di persone o di Paesi) non vengono inseriti in un contesto di interessi ‘anche’ di altri, l’unica conseguenza è la guerra.
Quelli che credono di aver studiato e fanno gli amerikani, magari avendo appreso i rudimenti base di ogni minima competenza manageriale in un corso elementare su negoziazione&dintorni, conoscono il win-win (‘vinco-io/vinci-tu’) che deriva (io preferisco il latino) dall’et-et. Bene: gli stessi, fuori dal corso, hanno tutto dimenticato. Se poi qualcuno diventa per caso leader politico di un Paese, piccolo o grande che sia, o leader di un'istituzione internazionale, non solo scorda quanto eventualmente appreso, ma demonizza le vecchie ‘teorie’ del negoziare, perché scopre che l’orgasmo del maschio Alfa (ma vale anche per le ‘donne in similmaschio, sempre più numerose) procura soddisfazioni imparagonabili. Eppure dovrebbe apparire scontato: puntare al ‘win-lose’ (‘vinco-io-e-chi-se-ne-frega-degli-altri’) è miope e insostenibile, quanto meno nel medio periodo. Perché nessuno gode a perdere, e se uno perde (o addirittura viene spinto a ‘straperdere’ come in genere si augura il ‘vincente’, che è un ‘coatto’ perché sa solo vivere nella modalità appunto di vincente), poi si rifà. Con una sopraggiunta di cattiveria e di risultati distruttivi strappati all’avversario/nemico che perpetuano a vita il circolo vizioso del win-lose.

Non mi pare che questo sia un discorso da 'anime belle'. Piuttosto credo siano pensieri, banali, che potrebbero essere comuni a persone che, avendo il cervello (tra parentesi non per proprio merito, bensì per merito di madre-natura che gliel’ha fornito), almeno rendono grazie a madre-natura per questo dono, sforzandosi, ogni tanto, di far funzionare appunto ciò che si ritrovano in testa. E, così facendo, provano a evitare la distruzione del mondo. Quella degli esseri umani, naturalmente. Perché dovremmo sapere (ma la nostra hybris non ce l’ha ancora svelato) che il pianeta non ha bisogno di noi per continuare a vivere. Anzi, senza di noi, vivrebbe meglio. Molto meglio.

*** Massimo FERRARIO, 1946, Il mantra del 'fare i propri interessi', ‘Mixtura’,  27 febbraio 2025.
Immagine già pubblicata in ‘Mixtura’ (masferrario.blogspot.com), 19apr15


In Mixtura ark #Spilli di M. Ferrario qui

martedì 4 febbraio 2025

#FAVOLE & RACCONTI / Il desiderio di un bambino (Massimo Ferrario)

La maestra Flavia e il marito Fabio finiscono la cena. Il marito sparecchia la tavola e mette i piatti in lavastoviglie, mentre la moglie estrae dalla borsa i compiti dei suoi alunni. Sono temi che ha dato in classe due giorni fa. Con l'amica Chiara, maestra di un'altra sezione frequentata anche dal loro figlio Marco di otto anni, aveva deciso di dare un tema comune alle due classi, dal titolo 'Il mio desiderio': ambedue le maestre volevano sondare il vissuto di un gruppo numeroso di bambini circa i loro più importanti desideri, soddisfatti o insoddisfatti. 

Flavia sta leggendo con attenzione tutti i temi.
A un certo punto si fa più seria. Le si scurisce il volto, si tocca più volte la fronte come per scacciare ciò che ha letto e le cade la penna. 

Fabio, che sta scrollando lo smartphone in poltrona, alza il capo e gli sembra di cogliere nella moglie, seduta di fronte a lui al tavolo, una preoccupazione particolare.
«Che è successo, cara?».
«L'altro giorno io e Chiara abbiamo assegnato un tema in classe, dal titolo 'Il mio desiderio'». 
«E allora?».
«Ai bambini è piaciuto. Hanno scritto pagine intere. Hanno risposto con sincerità, dicendo cose interessanti: qualche volta sorprendenti. E' la conferma che noi adulti abbiamo molto da imparare da loro. Anche se ascoltarli può sconcertarci».
«Addirittura?»
«Ti leggo un tema». 
Fabio è curioso. 
«Ascolto».
Flavia si schiarisce la voce, perché le risulta essere stranamente velata.
«E' di un maschietto. Scrive: 
"I miei genitori sono sempre occupati con i loro telefonini: leggono e scrivono in continuazione e qualche volta si mettono pure gli auricolari per ascoltare indisturbati. Il mio papà più della mia mamma, ma è una bella gara tra loro due. Quando papà torna dal lavoro e io gli chiedo di giocare dice sempre di essere stanco: non ha mai tempo per me, ma per il suo telefono è sempre disponibile. Anche la mia mamma, se è impegnata e il telefono squilla, smette qualunque cosa e risponde subito. Se invece io le chiedo qualcosa, mi dice che devo aspettare. Io aspetto, ma lei non smette mai di fare le cose sue, soprattutto se si tratta di leggere o inviare messaggi alle amiche. Insomma: tutti e due fanno quello che vedo fare sempre dagli adulti. Sono sempre lì con il telefonino al guinzaglio. Anche se veramente mi sembra che siano loro ad essere al guinzaglio dei loro telefonini. Sì, lo lo so che i miei genitori non sono cattivi: non è che non mi vogliono bene, è che sono indaffarati a fare sempre le cose loro, soprattutto quando hanno in mano il telefonino. Cioè quasi sempre. Perciò il mio desiderio è molto semplice ed è uno solo: diventare un telefonino. Così avrei la loro attenzione."»

Fabio si alza di scatto, facendo cadere l'iphone che aveva poggiato sulle ginocchia. Si dirige al tavolo dalla moglie, come per farsi consegnare il tema. 
«Chi l'ha scritto?», chiede con la voce un po' tremante. 
«Sì, l'hai capito. E' Marco, nostro figlio».

*** Massimo Ferrario, Il desiderio di un bambino, riscrittura di un testo diffuso in rete, 'Mixtura' (masferrario.blogspot.com), 4 febbraio 2025 - Illustrazione creata da GROK-AI


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