Una persona, tra i commenti, mi chiede: "Ma tu ti senti mai solo e triste? E in questi casi che si fa?". Premesso che non ho idea del perché mai dovrei avere le risposte giuste a domande così difficili... Tuttavia ho provato a dirle cosa ne penso.
Ecco la risposta:
"Si tiene duro. si sente. Si razionalizza. Sai, quando si naviga, anche se ci si sta attenti, ogni tanto si deve soffrire. E allora si incassa la testa nelle spalle, si chiude bene la cerata, e si tiene duro. Poi, passa. La vita non l'ho fatta io, io l'avrei fatta un po' meglio... Ma è così.
Però... Quando si prende la burrasca, viene fuori tutto quello che hai fatto prima, come ti sei preparato, come hai fatto esperienza, come hai imparato, cosa sei diventato. Una burrasca presa avendo fatto finta di niente fino a quel momento, avendo "evitato di imparare", o di studiare, fino a quel momento, è ogni volta una "burrasca daccapo". Io invece credo sempre molto in quello che Arrigo Sacchi (un vero filosofo contemporaneo) chiamava con enfasi il "gioco senza palla". Pre-figurare, pre-vedere, immaginare cosa accadrebbe quando ci fosse la palla, come muoversi prima che arrivi, cioè quando giungesse la burrasca. La barca terrebbe? Oggi la burrasca non c'è ancora, è un giorno buono per lavorare, per rinforzare, per manutenere, per aggiustare.
Nei corsi di vela spegnevo il motore in porto mentre i miei allievi entravano al timone tutti gongolanti. Mi guardavano senza capire. Io dicevo loro: "Ecco, è capitato quello che voi pensate che non capiti mai. C'è corrente, c'è vento, e il motore è andato giù. Che fate ora?". In questo modo li preparavo ad affrontare qualcosa di serio. Il giorno che fosse capitato, non sarebbe stato per loro la prima volta, ma almeno la seconda.
E sai una cosa? A tutti veniva in mente di aprire le vele, di fare questo, di fare quello... Mentre in quel caso, la cosa più semplice e importante da fare, è buttare l'ancora. Fermarsi, al sicuro. Poi, dopo, si vede.
Ecco, forse questo può esserci utile. Quando butta male, se non siamo in fondali eccessivamente elevati, basta buttare l'ancora. Poi, con calma, si affronta l'avaria. Ma soprattutto, quando tutto va bene, bisogna immaginare come sarebbe se andasse male. Cosa ci manca. Cosa ci serve. Come reagiremmo. Io, riguardo malattia, morte, e altre simpatiche amenità della nostra vita, lo faccio tutti i giorni."
*** Simone PEROTTI, 1965, scrittore, facebook, 15 dicembre 2018,
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