lunedì 13 giugno 2016

#SPILLI / Invidia, l'accusa dei narcisisti (M. Ferrario)

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(...) Sono molti a non realizzare che sui social network la maggioranza delle persone evita di pubblicare cose negative o tace gli insuccessi in campo lavorativo, amoroso e nei rapporti personali. L’impegno di ognuno è, spesso, quello di fornire un ritratto edulcorato di sé per aumentare la desiderabilità sociale. Succede anche inconsciamente. Ci ritroviamo a fare foto di gruppo per sottolineare il nostri buoni contatti. Evidenziamo il lato migliore di noi e del nostro lavoro e confezioniamo post in cui preferiamo mostrare più che dimostrare. Questo atteggiamento porterà alcuni soggetti più deboli psicologicamente a provare risentimenti e invidie nei nostri confronti. (...)
William Arthur Ward ha scritto “Benedetto colui che ha imparato ad ammirare, ma non a invidiare, a seguire ma non a imitare, a lodare ma non a lusingare, a condurre ma non a manipolare”. 
Un’ammirazione è sana quando è rivolta a chi abbia realizzato qualcosa con le sue mani o attraverso il suo intelletto, e non a chi abbia posato alla guida di una fuoriserie. (...)
(Riccardo SCANDELLARI, blogger e saggista, esperto di comunicazione digitale, Facebook aumenta la depressione e l'invidia, 27 agosto 2015, qui)
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Condivido l'estratto qui sopra e invito a leggere l'articolo integrale al link sopra indicato. 
In particolare sposo, e faccio mia, la citazione di William Arthur Ward (1921-1994, scrittore statunitense

Non è una novità che spesso le maschere prendano il posto degli individui: avviene da sempre.
Il fatto 'nuovo' è dato probabilmente dalla dimensione quantitativa del fenomeno, oggi anche favorita dagli strumenti di comunicazione cui possiamo ricorrere per fingere di essere ciò che non siamo. 
I network sociali, da questo punto di vista, sono infatti una risorsa preziosa per chi trova più comodo, anziché essere ciò che è, costruirsi e recitare una parte che non gli appartiene, ma a cui tanto anela: ad esempio quella dell'intellettuale, profondo e critico, che dispensa (o crede di dispensare) fascino e sapere. 

Accade così che uno si trovi, magari anche senza del tutto volerlo e sospinto dalla recita di cui si è innamorato, a vendere farina che non è del suo sacco, ma che fa credere sua: nascondendosi dietro appropriazioni indebite di testi altrui fatti passare per propri, crede così di risaltare agli occhi dei tanti boccaloni che ci circondano

Accade poi che qualcuno lo scopra e lo sbugiardi.

E accade che lo sbugiardato, anziché prendere atto e stare zitto (magari un po' vergognandosi), accusi chi l'ha sbugiardato di volontà di competizione e, addirittura, di invidia: così, improvvisandosi pure psicantropo, senza per giunta conoscere chi sta accusando, ma soltanto credendo che tutti spasimino per essere come lui.

Se si è in malafede, è grave. 
Ma se se è in buona fede, è più grave ancora.
Perché un po' narcisisti lo siamo tutti ed è sano che lo siamo; però credersi invidiati quando l'altro ti ha appena manifestato (e documentato) disistima, è patologico.

*** Massimo Ferrario, Invidia, l'accusa dei narcisisti, per Mixtura


* In Mixtura, per chi volesse approfondire il 'caso', vedi il mio contributo recente del 9 giugno 2016 qui
* In Mixtura, in tema di 'invidia', un mio contributo qui

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