La percentuale media di affluenza ai ballottaggi è stata del 50%: dunque 1 votante su 2 non è andato a votare.
Credo sia sempre più utile, quindi, fare confronti su dati che 'contengano' gli astenuti: non siamo più nell'epoca in cui andava alle urne il 90%, e più, del corpo elettorale e la percentuale dei voti espressi coincideva (quasi) con la percentuale degli aventi diritto.
Facendo banali calcoli sui voti e sui votanti di ogni singolo sindaco delle 5 principali città capoluogo in cui si è votato (o non votato) ieri, ho stilato la seguente classifica:
(1) - Roma, Virginia Raggi: votanti 33,7% dei romani (67,2% dei voti)
(2) - Torino, Chiara Appendino: votanti 29,70% dei torinesi (54,6% dei voti)
(3) - Bologna, Virginio Merola: votanti 29,0% dei bolognesi (54,6% dei voti)
(4) - Milano, Beppe Sala: votanti 26,8% dei milanesi (51,7% dei voti)
(5) - Napoli, Luigi De Magistris: votanti 24,0% dei napoletani (66,8% dei voti)
Cioè:
le città sopra indicate sono governate da sindaci scelti da 1 votante su 3 (nella ipotesi migliore di Raggi) o da 1 votante su 4 (nella ipotesi peggiore di De Magistris)
Forse, chi crede (ancora) nella democrazia, dovrebbe interrogarsi.
E forse, la politica, se ambisce a essere Politica, dovrà davvero cambiare.
Tutto.
A meno che non vogliamo consolarci dicendo che 'finalmente' abbiamo conquistato gli indici dei paesi sviluppati. Come gli Usa.
Sembra incredibile ma c'è chi già da qualche anno lo dice.
*** Massimo Ferrario, Ballottaggi, tra vittorie e astensioni, per Mixtura
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