martedì 8 gennaio 2019

#SENZA_TAGLI / Una generazione che ha perso senza aver combattuto (Andrea Colamedici)

L'ultima canzone di Fedez, la prima del suo nuovo album "Paranoia Airlines", è un capolavoro.
Non perché sia molto orecchiabile e ben scritta, ma perché incarna perfettamente la rinuncia di una generazione intera - quella dei trentenni - a cambiare il mondo e a lasciare un segno del proprio passaggio. 
Questa generazione, figlia delle enormi aspettative con cui era cresciuta, oggi è perfettamente consapevole della propria impotenza e ha come massima aspirazione intrattenere le generazioni successive. Sa di essere troppo nuova per capire fino in fondo il passato ma allo stesso tempo troppo vecchia per vivere davvero il presente.

"È tutto fumo e pubblicità", ripete quattordici volte Fedez nel brano. È tutta apparenza, vanità, promozione, e lo si vede bene sfogliando le sue stories su Instagram, dove invita ogni giorno milioni di ragazzini a mettere like e a condividere i suoi video, come fosse un animatore triste a una festa di compleanno permanente di un gruppo di bambini ricchi e svogliati. E sì, puoi guadagnare milioni, vivere una vita da favola tra appartamenti di lusso e isole incantate, passando il tempo a fare festa e influenzare milioni di persone, ma il dolore di chi voleva rovesciare il tavolo della vita ed è finito a fare "l'antidepressivo" delle masse è palpabile e non passerà. "Niente cambierà", ribadisce Fedez: "Volevo cambiare il mondo con le mie idee, è stato più facile cambiare idea". 
Questa non è solo la dichiarazione d’impotenza di Fedez: è anche la sconfitta del rap, del canto di rivalsa, della rabbia, della strada, di cui è rimasta solo l'apologia del lusso, degli orologi e dei denti brillanti, del denaro e dei vestiti firmati, del potere, del sesso come prestazione. Del vuoto placcato d’oro.

È la certezza che l'unica evoluzione possibile consista nel passare dall'invisibilità degli ultimi all’ipervisibilità dei primi, dagli emarginati della periferia ai VIP sugli attici, dalla povertà rabbiosa alla ricchezza disperata. 
Non c'è nessuna idea di giustizia, di comunità o di senso nella "generazione Fedez", non c'è niente che si possa fare per modificare un sistema perfetto e inscalfibile. Si può solo godere nelle pause tra un dolore e l'altro. 
"Sono un ingranaggio. Non sistemo il sistema. Perché? Non cerchi soluzione quando ami il problema”, arriva a dire Fedez. 

Questa generazione ha perso senza aver mai combattuto. Forse accorgendosene potrebbe finalmente cominciare a combattere: chissà che un giorno non dovrà ringraziare Fedez per averlo raccontato.

*** Andrea COLAMEDICI, filosofo, editore di Tlon, facebook, 6 gennaio 2019, qui


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