martedì 12 maggio 2015

#LIBRI PIACIUTI / Il caso Bellwether, di Benjamin Wood (recensione di M. Ferrario)

Benjamin WOOD, Il caso Bellwether 
2012, Ponte alle Grazie, 2015
traduzione di Maurizio Bartocci e Valerio Palmieri
pagine 411, € 16,80, ebook € 4,99

Ottimo esordio di un giovane romanziere inglese: trama 'potente', scrittura curata, 'bella' ed efficace, stile coinvolgente. 

Una storia che gira tutta attorno ai Bellwether, una famiglia altoborghese di Cambridge, ai figli universitari e ai loro amici coetanei, divisi tra studio e sbronze, tra esami e piaceri alla giornata. 
Un intruso è Oscar, aiuto infermiere in una casa di riposo: intelligente, serio, ama la cultura, ma ha interrotto la scuola per staccarsi al più presto da un padre opprimente, che ha sempre faticato a guadagnarsi la giornata con il suo lavoro di artigiano nelle case dei ricchi della zona. 
L'occasione che inserisce Oscar nel mondo facoltoso degli universitari è un colpo di fulmine per Iris Bellwether, violoncellista e studentessa di medicina. Nasce così una relazione intensa, anche se travagliata e a tratti ambivalente, tra il giovane e la ragazza, che si sviluppa tutta dentro a attorno al gruppo stretto ed esclusivo degli amici dei Bellwether. 
Ma il personaggio che segna la trama, seguito passo passo con raro acume psicologico, è il fratello di Iris, Eden, il leader indiscusso del gruppo, un giovane ambiguo, fascinoso e 'disturbante', per narcisismo, supponenza, genialità e visione del mondo, convinto com'è che musica e ipnosi, insieme, possano costituire terapie onnirisolutive. 
Personaggi di sfondo, ma non meno vividi per il ruolo giocato nella intera vicenda e per l'efficace caratterizzazione psicologica, due 'vecchi' con cui il giovane Oscar intreccia un rapporto caldo e 'vitale': un professore ricoverato nella casa di riposo e un famoso psicologo malato di cancro, esperto di patologie psichiatriche.

E' un romanzo non breve, ma che 'corre', e non ti lascia distrarre: colpisce, oltre che per la storia (densa, articolata, 'tesa', appassionante anche per i suoi molti tratti di misteriosità), per l'investimento di attenzione e sensibilità che l'autore ha speso con prodigalità nella descrizione intelligente di ogni personaggio, riducendo la disparità tra 'minori' e 'maggiori'. 
Il caso Bellwether si chiude con l'ultima pagina del libro, ma alcune figure, insieme con le atmosfere suscitate, restano 'aperte' nella memoria.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura


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Oscar non aveva voglia di litigare. Era facile per lei dire certe cose, infilare nella conversazione slogan come «Fai qualunque cosa ti renda felice», come se la felicità e la soddisfazione fossero facili da ottenere. Per Iris, il mondo era un luogo dai contorni netti, in cui ogni obiettivo poteva essere conseguito con un minimo di perseveranza o con le giuste conoscenze. Il fallimento non la intimoriva, perché sarebbe comunque caduta sul materasso di sicurezza della propria eredità. Aveva il conforto di sapere che la casa in cui viveva era sua, comprata e pagata da genitori che spendevano in cognac più soldi di quanti molta gente prendeva di pensione.
A volte sembrava che Iris avesse condotto un’esistenza tanto leggera da non immaginare nemmeno le difficoltà in cui potevano versare gli altri. Non che non sapesse riconoscere la più misera povertà quando se la trovava davanti – il ventre dilatato delle famiglie del Lesotho afflitte dalla carestia, gli orfani romeni stipati in undici su una branda – e Oscar sapeva che, quando passavano queste notizie al telegiornale, Iris veniva colta da una tristezza profonda ed era mossa a compassione. Ma sembrava ignorare i problemi economici della gente comune: l’affanno costante per guadagnare quei pochi soldi in più per riparare il guasto alla caldaia, per comprare una nuova uniforme scolastica, per pagare la parcella del dentista. Se Oscar le avesse chiesto quanto costava la benzina, probabilmente lei non avrebbe saputo rispondere, ma avrebbe saputo dirgli tutto sulla raffinazione del petrolio e sull’importanza delle energie rinnovabili. C’erano volte in cui non poteva fare a meno di avercela con lei per tutto quello che aveva, per i diciannove anni di scuole di prim’ordine, di settimane bianche, di cibi raffinati; perché ogni giorno della sua vita le avevano ripetuto che poteva avere qualsiasi cosa la rendesse felice. Alla fine, però, aveva capito che non era giusto provare rancore nei suoi confronti per questo. Perché erano le stesse cose che avrebbe voluto per sé; le stesse cose che un giorno avrebbe voluto permettersi di dare ai suoi figli. Rinfacciare a Iris la sua vita perfetta era solo gelosia, lo stesso tipo di rancore che aveva rovinato suo padre. A volte doveva mordersi la lingua per non dimenticarlo.
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