mercoledì 5 agosto 2015

#LIBRI PIACIUTI / "Il morso del ramarro", di Valeria Corciolani (recensione di M. Ferrario)

Valeria CORCIOLANI, Il morso del ramarro, emmabooks, 2014
pagine 332, solo in formato ebook € 4.99

Girovaghi per la rete, e nella vetrina di un sito di vendite librarie sei colpito dalla originalità di un titolo ('Il morso del ramarro') e dal disegno della copertina: l'autrice non è al suo esordio, ma appare tuttora in ombra nell'ambiente della narrativa; la casa editrice è piccola, di nicchia, specializzata in ebook e ha uno sguardo privilegiato e particolarmente affettuoso verso il mondo femminile. Il romanzo risale a un anno fa; noti parecchi commenti più che positivi di lettori; scorri un estratto; clicchi, scarichi, cominci a leggere.

E sei preso al laccio.
Più che dalla storia, che ha bisogno di crescere (e cresce piano, anche se sempre con ritmo incalzante per più di 300 pagine), affidata a oltre una decina di personaggi, la maggior parte memorabili, dallo stile: sfolgorante, frizzante, spumeggiante. Frasi secche, nervose, rapide e concentrate: che impattano. Ma anche aperte alla rotondità avvolgente e quasi liricheggiante di descrizioni di paesaggi e momenti che toccano e si fanno assaporare. C'è il tono scherzoso, ironico, scanzonato e irriguardoso; ma anche il registro più meditato e serio. E poi ci sono dialoghi che sembrano 'in diretta', vividi, fatti di linguaggio comune o gergo giovanile, rubati alla quotidianità, e anche alla banalità, del convivere abitudinario di ognuno di noi.

Il tutto dentro una vicenda corale ambientata sulla riviera ligure: una 'rosata' di uomini, giovani e anziani, donne e bambini, ognuno raccontato con attenzione e meticolosità, si trovano 'sparati' in uno scenario che li spinge a incrociarsi, a influenzarsi più o meno direttamente e a intrecciare una trama colorata e rocambolesca, complessa ma non complicata, con un finale non scontato. In cui si risolve anche l'enigma, in qualche modo legato al ramarro del titolo.
I personaggi sono tutti importanti ed è difficile individuare i principali: tre giovani e ricchi 'figli-bene', ma 'non-tanto-bene', se, annoiati e viziati, quando non si calano pasticche, si danno ai furti di appartamento per passare il tempo e aumentare l'adrenalina; un gruppetto di anziani che frequentano di giorno la casa di riposo e che sembrano architettare un piano a metà tra il gioco e la vendetta; un medico fuggito per amore dal Veneto e che si ritrova innamorato forse non solo della cittadina ligure in cui è capitato; la badante peruviana padrona del ramarro che si vede spinta a 'dover' lanciare una maledizione; una giovane moglie con figli che è stata tradita dal marito e che ora si barcamena tra bambini da curare all'asilo e bambini in casa, quando non ha da affrontare l'adolescenza della figlia (un'adolescenza sana, tenera, ma emotivamente terremotante, come tutte le adolescenze)...

Insomma, una lettura divertente e gustosa (come si immaginano, stando alle descrizioni appetitose e da appuntare, certi piatti preparati da taluni personaggi del romanzo): che procede quasi sempre al galoppo. Ma che si cavalca assolutamente senza sforzo, e quando arrivi al traguardo non sei affaticato: solo un po' dispiaciuto che la corsa sia finita. E questo grazie all'autrice: che mi pare abbia originalità, grinta e mestiere da meritare ormai, pienamente, l'uscita dall'ombra. E un bel riflettore puntato su di lei.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

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Filippo Tosi li osserva estasiato. 
A lui i vecchi riscaldano il cuore. 
Raccoglie brandelli di conversazioni, molte in dialetto e di cui ovviamente non capisce nulla: il dialetto ligure è indecifrabile per lui, neppure per intuizione o tentativi riesce a cavarne qualcosa di senso compiuto. Chiude gli occhi e si fa cullare da quella cantilena tra il portoghese e il francese, con assonanze arabe e un poco corse… una lingua in bilico tra pirati e principi. (Valeria Corciolani, Il morso del ramarro, emmabooks, 2014)

Marisol avverte un languore in fondo alla pancia, una tenerezza infinita. Una nostalgia senza confini. Pensa alla sua famiglia, ai suoi vecchi che probabilmente non vedrà più in questa vita. Fa girare lo sguardo umido e osserva tutti questi anziani che le stanno intorno. Molti dei loro famigliari vengono a prenderli al termine della giornata di lavoro, capisce che non possono fare altrimenti. Qui la vita è diversa che al suo paese. Da lei la casa non è mai vuota. Fratelli grandi che curano i più piccoli, poi zii, zie, cugini… tutti insieme a dividere pasti, gioie, dolori e cose da fare, a seguire chi ha più bisogno. E ti godi l’enorme ricchezza di respirare la saggezza dei vecchi, i loro racconti, i loro silenzi con gli sguardi persi nei ricordi. 
«Qualcosa non va, mia cara?» domanda la signora Luisa con la sua vocina bianca e tremolante. 
Marisol si asciuga gli occhi e sorride. «Solo un poco de malinconia. Cosa ha mangiato oggi di buono, señora Luisa?» 
La donnina posa in grembo l’uncinetto e alza gli occhi a osservare le grosse foglie di magnolia alla ricerca dell’ispirazione, fa sparire le labbra pallide nello sforzo di ripescare la memoria: le basterebbe un filo, come sondare con l’indice nel gomitolo alla ricerca del capo da cui cominciare. Abbassa la testa e chiude gli occhi, schiocca piano la lingua a ricreare un gusto, un sapore. Ondeggia la dentiera nella speranza di trovare residui che la riconducano al ricordo. 
Poi scuote il capo. 
«Non me lo ricordo» sussurra con la voce lamentosa di un bimbo disperato. Gli occhi enormi dietro le spesse lenti guardano Marisol pieni di sgomento e impotenza, mentre il lavoro abbandonato in grembo scivola a terra. 
Marisol si china a raccogliere i fiorellini di pizzo, poi afferra con le sue mani brune e morbide le fragili dita bianche e trasparenti della signora Luisa e le stringe delicatamente, come a infonderle vigore. «A que importa che ha mangiato. Forse non era speciale oppure tanto cattivo che ha preferito dimenticarlo!» Ride contagiosa con i suoi denti bianchi tra le labbra piene. «Mi racconti di quando aveva vent’anni e gli ammiratori non le davano pace…» sussurra dolcemente facendosi più vicina. Valeria Corciolani, Il morso del ramarro, emmabooks, 2014)

Filippo gli osserva il bel profilo. Con la barba sembra uno di quegli apostoli dei dipinti barocchi, dai capelli candidi, le rughe scolpite e la luce trascendente. Tosi distoglie lo sguardo, un poco divertito dai suoi stessi pensieri. Va anche detto a sua difesa che il cielo di questo tardo pomeriggio di settembre agevola visioni ultraterrene, quasi apocalittiche. Una spessa coltre di nubi color dell’asfalto si ferma netta e precisa lasciando una striscia chiara e cangiante a separarla dal mare. L’acqua è viola scuro, quasi nera, con qua e là delle lame candide. Il vento sbatte le foglie dei pitosfori e porta un suono lontano, simile a un flauto con un tintinnio metallico da sinfonia cacofonica. Tutto piuttosto impressionante, ammette Tosi, ma bello. Molto bello. Il bianco degli scogli, della schiuma e degli alberi delle vele del porto spara irreale, come colpito da certe luci ultraviolette che si vedono in discoteca. Valeria Corciolani, Il morso del ramarro, emmabooks, 2014)
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4 commenti:

  1. La recensione che ogni autore vorrebbe leggere. E mi son commossa. Felicefelice. Tanto. Grazie mille, davvero.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Autrice e libro sono stati una felice scoperta.
    Io in genere sono noto per essere un criticone (e basta leggere quello che scrivo qui in Mixtura...), non uno che abbonda in lodi. Ma credo che il merito, quando c'è, sia un dovere riconoscerlo. E, tra l'altro, parlare bene di qualcosa o qualcuno fa stare meglio pure chi ne parla.
    I libri che recensisco sono già il frutto di una selezione. Mi sono vietato le critiche negative: per la ragione (opinabilissima) che, dati gli indici di lettura da paese mentalmente sottosviluppato, forse occorre invogliare a leggere: sia che il fine sia puramente ludico, sia che si cerchi di apprendere e riflettere. Perciò dei libri (parecchi) che a mio avviso non meritano o sarebbero addirittura da stroncare, non parlo: degli altri, quando sono 'belli', mi sfogo a dirlo.

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  4. Parole sante e perfette: perché la lettura è meravigliosamente contagiosa.

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