Pensiamo il mondo in termini di oggetti, cose, entità (nel gergo scientifico li chiamiamo «sistemi fisici»): un fotone, un gatto, un sasso, un orologio, un albero, un ragazzo, un paese, un arcobaleno, un pianeta, un ammasso di galassie… Questi oggetti non stanno ciascuno in sdegnosa solitudine. Al contrario, non fanno che agire uno sull’altro. È a queste interazioni che dobbiamo guardare per comprendere la natura, non agli oggetti isolati. Un gatto ascolta il ticchettio dell’orologio; un ragazzo lancia un sasso; il sasso sposta l’aria dove vola, colpisce un altro sasso e lo muove, preme sul terreno dove si posa; un albero assorbe energia dai raggi del sole, produce l’ossigeno che respirano gli abitanti del paese mentre osservano le stelle e le stelle corrono nella galassia trascinate dalla gravità di altre stelle… Il mondo che osserviamo è un continuo interagire. È una fitta rete di interazioni.
Gli oggetti sono caratterizzati dal modo in cui interagiscono. Se ci fosse un oggetto che non ha interazioni, non influenza nulla, non agisce su nulla, non emette luce, non attira, non respinge, non si fa toccare, non profuma… sarebbe come non ci fosse. Parlare di oggetti che non interagiscono mai è parlare di cose che – se anche esistessero – non ci riguardano. Non si capisce neppure bene cosa significherebbe dire che simili cose «esistono». Il mondo che conosciamo, che ci riguarda, ci interessa, ciò che chiamiamo «realtà», è la vasta rete di entità in interazione, che si manifestano l’una all’altra interagendo, e della quale facciamo parte.
*** Carlo ROVELLI, 1956, fisico, saggista, Helgoland, Adelphi, 2020
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