sabato 4 aprile 2020

#FAVOLE & RACCONTI / Una buona conversazione (Massimo Ferrario)

Tutti gli avevano decantato la saggezza di Whu Zhi: il maestro che, quando non girava per i villaggi della regione a condividere il suo sapere con piccole folle di affezionati, desiderosi di essere illuminati dalle sue parole, abitava in ritiro al Piccolo Convento.

La carrozza era arrivata: il cocchiere aveva tirato le redini e i cavalli si erano fermati, ansimanti e sudati, nella piazzetta antistante.
Il funzionario era subito sceso, premuroso, per aprire lo sportello a Sua Eccellenza e facilitargli la messa a terra, comoda e salda, dei piedi.
Sua Eccellenza, facendo cenno in modo sbrigativo al funzionario che non voleva essere accompagnato, si era diretto immediatamente al portone: a passo svelto, impettito, desideroso di realizzare quello che da mesi, appena nominato Governatore, aveva in animo di fare. 

Aveva battuto più volte il battiporta di ferro arrugginito, con impazienza e decisione: finché era comparso un giovane monaco, che aveva socchiuso con circospezione il pesante uscio di legno.

Senza accennare neppure un saluto, il Governatore aveva fatto intravvedere un biglietto arabescato su carta preziosa: il suo nome era in piccolo, sovrastato dal titolo di Grande Governatore preceduto dall'appellativo di Sua Eccellenza Magnifica.

«Sono il Grande Governatore della Regione. Intendo conferire con Whu Zhi. Digli che lo voglio conoscere.» 
Il giovane monaco si presentò: 
«Sono Li Min, un allievo di Whu Zhi. Avete un appuntamento, signore?».
La riposta fu un no secco, sgarbato. Era evidente che la domanda veniva considerata quasi insultante e lo sguardo diceva chiaramente che per una persona come lui non c'era certo bisogno di programmare incontri.

Li Min aprì il portone e pregò il governatore di accomodarsi nella piccola sala di accoglienza degli ospiti. 
Poi si recò dal maestro, con il biglietto stretto tra le mani.

Il maestro era intento alla lettura, nella sala più interna del convento. 
Li Min titubava, ma il maestro si era accorto che, da lontano, una voce estranea aveva rotto il silenzio cui era abituato. 
Alzò gli occhi dal libro.
«Abbiamo visite, Li Min?».
«Un signore. Dice che intende conferire con te. Ti vuole assolutamente conoscere. E' il Grande Governatore della Regione».

Whu Zhi sorrise. 
Ripeté sillabando, senza trattenere l'ironia:
«Il Gran-de Go-ver-na-tore della Regione?».
«Sì, maestro.».
«E vuole conferire proprio con me?».
«Esatto. E l'ha detto anche in un modo alquanto imperioso.»

Li Min passò il biglietto da visita al maestro.
Whu Zhi lesse. 
Ripose il biglietto sul tavolino, accanto alla poltrona.
Alcuni battiti di ciglia più pronunciati del solito dicevano che si stava forzando a essere calmo. Guardò l'allievo con occhi scuri e seri e con decisione argomentò il suo parere. 
«Caro Li Min, io non conosco nessun governatore, grande o eccellente che sia. E non intendo proprio conoscerlo. Va' da lui e comunicagli che mi spiace per le tante miglia che immagino avrà percorso, ma non sono disponibile a nessun incontro. Digli che la mia anima è sempre aperta per chiunque voglia scambiare con me pensieri e domande sulle questioni fondamentali della vita. E se posso aiutare altri a riflettere perché riescano a risolvere i loro problemi, sono felice. Ma non sono disponibile a incontrare chi ritiene che io sia obbligato a incontrarlo. I titoli e le qualifiche, più o meno ampollose, non mi parlano: mi parlano i nomi delle persone e, soprattutto, le persone. Con loro e con le loro anime cerco di conversare, non con le loro cariche. So che riferirai senza tradire il mio pensiero, Li Min. Grazie».

Whu Zhi considerò chiusa la cosa: abbassò il capo e si reimmerse nella lettura.

Li Min eseguì, riportando esattamente le parole del maestro.
Il Governatore non era abituato a non ottenere quanto voleva: nessuno gli aveva mai disobbedito. 
Trattenne la rabbia e insistette perché il giovane riferisse che non se ne sarebbe andato finché non avesse potuto incontrare Whu Zhi.

Quando Whu Zhi seppe della intenzione del Governatore, si limitò a scrollare le spalle.
Senza dar peso alla sua scelta, il maestro si scusò con l'allievo per quest'ultimo incarico che ancora gli assegnava. 
«Riferisci anche questo, Li Min, per favore. Non mi piacciono i ricatti, neppure quelli soltanto minacciati. E del resto ognuno, purché non limiti la libertà dell'altro, è libero di agire come crede. Se ha deciso di non andarsene, e di attendere una risposta che non sarà diversa da quella che gli ho già dato, non sarò certo io a impedirglielo. Ci sono locande in paese, umili ma decorose, che saranno ben contente di ospitarlo. Oppure potrà decidere di restare nella saletta di accoglienza: dal convento non è stato mai cacciato nessuno».

Il giovane monaco, per l'ultima volta, tornò dal governatore: gli ripeté ogni parola del maestro  e con volto dispiaciuto fece capire con fermezza che Whu Zhi non aveva cambiato opinione e non intendeva cambiarla. 
Poi si inchinò in segno di saluto e se ne andò.

Passarono il pomeriggio e la notte. 
L'indomani mattina, Li Min, come sempre alzatosi all'alba, fece il giro delle stanze del convento. 
La saletta di accoglienza era vuota: il Governatore, ovviamente, aveva lasciato il convento.
L'allievo andò subito a informare il maestro.
«Tutto a posto, Whu Zhi. Del Grande Governatore è rimasto solo il suo biglietto da visita. L'hai messo qui sul mobile, accanto alla candela. Se credi, lo butto nel fuoco che ora ravvivo: mi pare che l'aria rigida dell'inverno ci suggerisca di diffondere un po' di calore».

Trascorsero un'altra giornata e un'altra notte.

All'alba Li Min uscì dal convento per imboccare il viottolo nel bosco che conduceva al Piccolo Lago. Era il momento della camminata in meditazione, solitamente limitata ai pochi metri del giardino all'interno del monastero. Stavolta però il giovane monaco aveva deciso di godersi il bel sole che lentamente saliva da dietro la collina e avvolgeva delicatamente il paesaggio, sciogliendo la brina: era piacevole, ogni tanto, uscire dal piccolo monastero.

In un angolo della piazza antistante il convento, un po' nascosta da una grande quercia, sostava una carrozza.
Li Min la riconobbe: era quella da cui era sceso il Governatore. 
Poco distante, avvolti in coperte, dormivano per terra due uomini: il funzionario e il cocchiere. 
Il monaco, con cautela, si avvicinò al finestrino della carrozza: dentro, ben riparato dai vetri e fasciato da una trapunta tutta ricamata d'oro, russava il Grande Governatore.

Li Min aveva cercato di non fare rumore, ma la ghiaia della piazza aveva rivelato la sua presenza. Stava per correre da Whu Zhi per riferirgli la novità, quando il Governatore, con voce meno imperiosa dell'altra volta, lo chiamò da dietro le spalle.
Il ragazzo si bloccò. 
Il Governatore era sceso dalla carrozza, stropicciandosi gli occhi ancora appannati dal sonno. 
Aveva uno dei suoi biglietti da visita in mano. 
«Ti prego, giovane monaco. Chiedi a Whu Zhi se adesso mi vuole conoscere. Ecco, portagli il biglietto».
Li Min prese il biglietto senza guardarlo e scuotendo la testa.
«Ma signore, il maestro vi ha già detto...».
«Ti prego», supplicò l'uomo, sorridendo. Lo aveva interrotto, ma con gentilezza per lui inconsueta. E per la seconda volta nella sua vita gli era uscita l'espressione 'ti prego'.
Proseguì.
«Se non ricordo male, il tuo nome è Li Min. Ecco, Li Min, ti chiedo solo il favore di consegnare questo biglietto a Whu Zhi: sono certo che stavolta il maestro non mi deluderà».

Whu Zhi stava accendendo il fuoco, dopo aver messo nel camino un nuovo ciocco di legno. 
Li Min entrò nella stanza tutto trafelato. 
«Maestro, non se n'è andato: è ancora qui.»
«Di chi parli, Li Min? C'è il fuoco che non prende...».
«Scusami, Whu Zhi. Parlo del governatore. Ha dormito per due notti qui fuori dal convento, in carrozza. Me ne sono accorto adesso uscendo per la camminata di meditazione. Mi ha pregato, quasi supplicato, che tu lo voglia incontrare. Mi ha ridato il solito biglietto da visita: vuole che te lo riconsegni, anche se non so perché. Ovviamente è lo stesso dell'altro ieri. Eccolo».

Il maestro prese il biglietto.
Lo guardò con attenzione.
Li Min era pronto a ritornare dal governatore per l'ennesima volta.
«Gli riferisco che non è cambiato nulla e gli ribadisco che tu non intendi conoscerlo?».

Whu Zhi non nascondeva la sua soddisfazione.
«No, Li Min», rispose il maestro allargando le braccia: teneva in mano ben visibile il biglietto in modo che anche il giovane potesse leggere.
«Guarda anche tu: Ma Yang, si chiama».

Il biglietto ovviamente era uguale al precedente: tra arabeschi e svolazzi, campeggiava la carica di Grande Governatore della Regione, preceduta dall'appellativo di Sua Magnifica Eccellenza. Però, stavolta, carica e appellativo erano cancellati, con un tratto deciso di inchiostro nero. In piccolo, ma circolato con un grosso segno di matita rossa, veniva evidenziato il nome del governatore. Quel nome che il governatore, quando si era presentato, neppure aveva pronunciato.

Whu Zhi irradiava un sorriso dolce, benevolo, compiaciuto.
«Ecco, ora sono davvero felice di conoscere Ma Yang. Per favore, Li Min, vai a dargli il benvenuto e fallo entrare. Adesso ambedue siamo persone: possiamo finalmente avviare una buona conversazione. E faremo conoscenza l'uno dell'altro.»

*** Massimo Ferrario, Una buona conversazione, per Mixtura - Libera riscrittura creativa di un testo zen famoso, riportato anche in Nyogen Senzaki e Paul Reps (a cura di), 101 Storie zen (30. Il biglietto da visita), 1957, Adephi, 1973.


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