C'era una volta, tanto e tanto tempo fa, così tanto che con il calendario degli uomini non si può proprio misurare, un piccolo paese che stava sospeso a mezz'aria, fra la terra e il cielo, come di solito fanno le nuvole quando viaggiano intorno alla terra. Solo che questo paese, al contrario delle nuvole, era sempre fermo e guardava indifferente la terra che invece gli girava sotto nel suo instancabile viaggio del giorno e della notte intorno a se stessa e del susseguirsi delle stagioni intomo al sole. Era proprio un paese del tutto particolare, che dal punto di vista del tempo con i ritmi della terra aveva ben poco da spartire.
C'erano un re e una regina, un principino e un principessina, tutti molto contenti di governare, dei sudditi molto contenti di essere governati e così via. Il castello reale stava sospeso un po' più in alto del paese, con una scalinata d'aria che portava dalla piazza principale fino al suo ingresso e con una splendida balaustra riccamente costellata, fatta anch'essa di aria pregiata non inquinata. E davanti all'ingresso c'erano sempre quattro guardie in alta uniforme che accoglievano i visitatori.
Il luogo più frequentato di tutto il regno non era però il castello del re, ma la piazza principale dove sorgeva uno strano edificio sospeso anch'esso a mezz'aria come tutte le costruzioni di quel luogo. Era la biblioteca del paese, anch'essa un po' strana perché non aveva niente a che fare con quelle degli altri paesi di questo mondo, cioè non racchiudeva i libri che erano stati scritti, ma quelli delle vite che si scrivevano in quel momento, in qualsiasi parte di quel mondo che girava di sotto. C'erano tantissime sale, una per i libri appena iniziati, una per quelli che erano a metà, una per quelli che stavano per finire e così via, tutti regolarmente arrivati dalla Terra con carichi postali che in quel paese funzionavano per davvero. Ma fra tutte le sale sterminate che si susseguivano in quella biblioteca, la più strana era quella dove stavano i libri che a un certo punto avevano smesso di scorrere e si erano fermati su una pagina che non riuscivano mai a girare. Era la sala d'attesa per voltare pagina nella vita e i libri che riuscivano a farlo passavano da lì a un'altra sala, quella dove si chiudevano i capitoli, dopodiché erano pronti per essere completati, come tutti i libri che si rispettino, da che mondo è mondo.
Ma da un po' di tempo a questa parte, nell'epoca di cui si parla, succedeva una cosa strana in quella biblioteca ed era che la sala dei libri che attendevano di voltare pagina diventava sempre più piena e affollata e dall'ufficio postale del paese interi carri anche loro fatti d'aria non facevano che scaricare i volumi fermi su una pagina che arrivavano dalla Terra.
Il Gran Consiglio dei Vecchi andò dal re di quel paese a discutere del problema.
«Non ce la facciamo più ad andare avanti così, sire», disse un vecchio, «e non sappiamo come fare per quelli che arriveranno col prossimo carico postale».
«Non si possono portare i libri più vecchi nella sala dei capitoli che si chiudono in modo da fare altro spazio?», chiese allora il re, che era una persona pratica e di buon senso.
Ci abbiamo provato, sire, ma non è servito a nulla. I libri vanno avanti, è vero, e i capitoli si chiudono, ma le pagine che vengono voltate restano bianche, non ci troviamo scritto niente, oppure vengono scritte delle cose quotidiane poco importanti e così banali che non hanno niente a che fare con il libro della vita».
«Ohibò», fece il re grattandosi la zucca, il che era sempre segno di pensieri molto elevati. «Eppure la vita che gli uomini vivono è quella quotidiana, del giorno dopo giorno, non quella delle pagine prima o di quelle dopo. Com'è possibile che se ne dimentichino e la rendano così banale e poco importante?».
«Io ci ho pensato a lungo», rispose allora un altro vecchio, «ma non ho trovato la spiegazione giusta. So solo che nei libri che ho letto con cura ho osservato spesso una cosa che si ripete».
«Che cosa?», chiesero allora gli altri incuriositi.
«Mi sembra», continuò il vecchio, «che sia soprattutto in due casi che le pagine dei libri della vita facciano fatica a voltarsi. Un caso, più raro, è quello in cui su quella pagina è stato scritto qualcosa che piace cosi tanto oppure che il ricordo fa diventare così bello che poi non si ha il coraggio di voltar pagina per paura di non trovare più scritte cose simili. Questo però mi sembra meno frequente come caso. Credo che invece capiti più spesso quello in cui non si volta pagina perché non piace per niente quello che c'è sul foglio, come se ci fossero o un vuoto da riempire oppure delle cose già scritte che si vogliono cambiare. Mi pare che sia questo il caso più difficile».
«Ma quando gli uomini si fermano su una pagina, ne conoscono il motivo?», chiese allora il re che, come spesso succede a quelli abituati a governare, faceva un po' fatica a rinunciare al proprio pensiero per ascoltare quello degli altri.
«Io non credo che lo sappiano, sire, almeno nei pensieri abituali che hanno ogni giorno, però questo non cambia la cosa».
«Secondo voi», disse allora una vecchia che fino ad allora era sempre stata zitta «perché certi libri riescono a voltar pagina e altri no?».
«Forse perché è più difficile voltare pagina lasciando un vuoto da riempire o delle cose scritte che non piacciono. Soltanto che gli uomini di solito non se ne accorgono perché non dedicano del tempo a rileggere i loro libri. E inoltre, per potersene accorgere, bisognerebbe leggerli con occhi nuovi, non con quelli che uno è abituato a usare da sempre».
Fu allora che la vecchia ebbe un'idea geniale.
«Proviamo a prendere un qualsiasi libro fermo su una pagina», disse allora, «e scendiamo sulla Terra per vedere che cosa succede alla persona che lo sta scrivendo, così forse riusciremo a scoprire come fare».
Un gruppo di vecchi lanciò allora una monetina per aria, prese un libro a caso, lo aprì e scese sulla Terra per cercare la persona che lo stava scrivendo in quel momento. E poiché i vecchi erano abituati a vivere sospesi ed erano anche loro fatti d'aria pura trasparente, quando arrivarono sulla Terra non ci fu nessuna difficoltà e nessun uomo li notò. Si sparpagliarono e cercarono con cura e a lungo, finché un giorno, finalmente, dopo tanta ricerca, incontrarono la persona che stava scrivendo quel libro. Era un ragazzo di poco più di vent'anni che doveva girare una pagina importante nella vita.
«Chissà come è contento», pensarono allora i vecchi, «beato lui che ha vent'anni e tutta una vita davanti!».
Ma quando lo guardarono in viso e ascoltarono i suoi pensieri, stupiti e commossi, si resero conto che non era proprio così.
«Chi sono io?», continuava a pensare il ragazzo fra di sé. «Chi me lo sa dire? Sono il bravo ragazzo che ha detto sempre di sì ed è stato per tutta la vita buono e obbediente per sentirsi amato dagli altri? Oppure sono il bambino arrabbiato e triste che non aveva nessuno con cui giocare? O quello che quando la mamma era addolorata si sentiva impotente a scacciare il suo dispiacere nonostante tutti i suoi sforzi? O il bambino che provava una grande ansia ogni volta che sentiva litigare, così grande che gli sembrava che riempisse tutto il piccolo corpo e il suo mondo? O sono il ragazzo ormai grande che non sopporta il minimo contrasto con le persone che contano per lui, senza il cui amore gli sembra di non poter vivere? Oppure sono la voglia che mi sento dentro di rompere io stesso i legami e abbandonare tutti per non essere abbandonato?».
E mentre questi pensieri gli si accavallavano nella mente il suo cuore era come preso dentro una tempesta di emozioni e di venti che soffiavano da direzioni diverse ed erano così forti che lui doveva congelarli per non farsene travolgere, cosicché il suo viso restava sorridente e impassibile, tranne che per gli occhi che erano tristi e seri.
I vecchi del paese a mezz'aria si guardavano stupiti.
«Finalmente capiamo perché non si riesce a girar pagina!», disse infine uno di loro. «E' quando ci sono ancora troppo cose da vivere in quella precedente. Ha proprio ragione lui, è difficile girar pagina con tutte queste tempeste emotive dentro. Bisogna che si calmino un po', prima».
E fu così che i vecchi tornarono al loro paese per pensare, ascoltare e ricordare bene le loro stesse tempeste emotive di quando erano giovani, perché avevano tutti provato molta simpatia nei confronti del dolore e della rabbia, della fragilità e della gelosia, della dolcezza e del rancore, della tenerezza e della pena che c'erano nel cuore del ragazzo, anche se da fuori non si vedevano per niente perché erano molto ben nascosti.
E fu pure così che alla fine decisero che la cosa migliore che potessero fare era che uno di loro, quello che era stato più intenerito e meglio capiva il ragazzo in tempesta, perché le stesse cose erano successe anche a lui da giovane, scendesse sul mondo per accompagnarlo senza essere visto nel cammino di rileggere con occhi nuovi, ogni notte in sogno, il libro della vita fino ad allora, per riuscire finalmente a girar pagina.
E cosi, notte dopo notte, il vecchio accompagnò il ragazzo nei suoi sogni con l'attenzione, il rispetto e l'amore che gli erano necessari e lui poté cominciare a rileggere con occhi nuovi e con meno paura il proprio libro, che fino ad allora aveva accuratamente evitato per non incontrare di nuovo il dolore di certe pagine. E i sogni gli insegnarono ad ascoltare le sue emozioni, a riconoscerle e a dar loro un nome, invece di inseguirle sempre negli altri per paura di restarne senza. E quando il ragazzo le ebbe finalmente riconosciute non si sentì più solo come prima, quando gli sembrava di avere un gran vuoto dentro.
E a poco a poco anche lui imparò a prendersi cura del bambino tenero, dolce, impaurito, spaventato e arrabbiato col mondo che si portava dentro da tanto tempo senza riuscire ad aiutarlo, esattamente come il vecchio si prendeva cura di lui, anche nei momenti in cui rileggevano insieme le pagine più dolorose della sua storia. E così, giorno dopo giorno, notte dopo notte, stagione dopo stagione, anno dopo anno, anche il ragazzo delle tempeste riuscì a rileggere il proprio libro fino a quel momento e la cosa fu così naturale che si accorse di aver voltato finalmente pagina solo un giorno, per caso, quando ormai ci aveva già scritto tante cose nuove senza saperlo.
E allora il vecchio del paese a mezz'aria poté finalmente tornare a casa. Sapeva d'essere stato tanto vicino al ragazzo per tutto quel tempo che ormai era sicuro che gli avrebbe fatto compagnia nel cuore per tutta la vita, soprattutto nei momenti difficili.
E così, quando il Gran Consiglio del Regno di Mezz'Aria si riunì, fu deciso che questo poteva essere un buon modo per aiutare i libri fermi ad andare avanti e i vecchi e le vecchie del paese si sparsero per il mondo ad accompagnare nei loro sogni gli scrittori immobili su una pagina, per aiutarli a rileggere con occhi nuovi le loro storie e andare avanti.
E per ogni libro che riusciva a proseguire c'era una persona in più che in questo mondo aveva sperimentato, come il ragazzo della nostra storia, l'attenzione, l'amore e il rispetto per le ferite del cuore di un bambino da poterli a sua volta avere con quelli che incontrava sulla sua strada.
E si sa che le cose sperimentate diventano come l'erba di primavera, dopo un filo ne nasce un altro e un altro ancora e tanti fili messi insieme fanno i mari d'erba che ondeggiano nel vento.
Però bisogna che ognuno si prenda cura dei fili d'erba che incontra sulla sua strada perché le ferite del cuore di un bambino non restino dentro a fargli male anche da grande e perché anche lui possa a sua volta aver cura dei fili d'erba che incontrerà nella sua vita.
*** Alba MARCOLI, 1939-2014, psicologa clinica e scrittrice, Il paese dalle pagine ferme, in Il bambino nascosto, Oscar Mondadori, Milano, 1993.
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