giovedì 11 gennaio 2018

#MOSQUITO / La violenza 'autotelica', insensata (Zygmunt Bauman)

La morbosa forza d’attrazione esercitata dalla violenza sta nell’offrire un temporaneo sollievo al proprio umiliante senso d’inferiorità (debolezza, sventura, indolenza, irrilevanza): il tipo di sollievo suggerito da Esopo duemila anni fa attraverso l’allegoria della lepre, perennemente impaurita, sempre in fuga da animali più grandi e più forti, che finalmente si sente rassicurata e confortata accorgendosi che, al primo segnale del suo arrivo, la rana è stata colta dal panico ed è corsa a nascondersi. 
La violenza autotelica sarà anche una «valvola di sicurezza» che alleggerisce la pressione, ma può fare poco o niente per impedire che il vapore torni ad addensarsi fino a raggiungere il livello critico di pressione capace di provocare un’esplosione. È facile farsi valere con chi è più debole e sprovveduto, e questa facilità è un vantaggio, ma al tempo stesso un limite, in quanto nega all’autore del gesto la gratificazione di «un lavoro ben fatto», l’attestato della sua superiorità di capacità e poteri, e con ciò la riconquista dell’autostima, del rispetto di sé, della fiducia in sé stessi. Da questo punto di vista, la violenza autotelica è anche una violenza insensata; e la cosa peggiore di tutte è che tende a esserlo – dolorosamente e disonorevolmente – per chi la commette. Ciò che perde in qualità, cerca di recuperarlo in quantità. La violenza priva di senso tende ad autopropagarsi e autoamplificarsi. 
Approfittare del proprio potere per aggredire e distruggere qualcuno palesemente più debole è una specie di umile e meschino surrogato di un «vero test» della capacità, del valore e del coraggio, e soprattutto della statura e dell’importanza dell’aggressore. Perché l’atto di violenza assurga o almeno si avvicini a quel genere di test, chi lo compie ha bisogno di un avversario potente da sfidare, colpire e sconfiggere: più potente è, meglio è. Per l’autodenigrazione provocata dal senso di umiliazione, opporsi alla malvagità islamica e ricacciare indietro l’invasione musulmana che minaccia di distruggere «tutto ciò che ci è caro e in cui crediamo» è una cura molto più efficace che dar fuoco alla bancarella di un immigrato pakistano.

*** Zygmunt BAUMAN, 1925-2017, sociologo polacco, docente emerito all’università di Leeds, Retrotopia, traduzione di Marco CupellaroEditori Laterza, 2017
https://it.wikipedia.org/wiki/Zygmunt_Bauman


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