Tale sapere, il sapere proprio delle cose della vita, è frutto di lunghi patimenti, di lunga osservazione, che ad un tratto si condensa in un istante di lucida visione, trovando a volte la sua formula adeguata. Tale sapere è anche un frutto che si rivela dietro un evento esterno, un fatto assoluto, come la morte di qualcuno, la malattia, la perdita di un amore o lo sradicamento forzato dalla propria patria. Ma può sgorgare, e dovrebbe non smettere mai di sgorgare, dall’allegria e dalla felicità. Questo si dice perché paradossalmente si lascia passare l’allegria, la felicità, l’istante di fortuna e di rivelazione della bellezza, senza estrarre da essi la dovuta esperienza; quel grano di sapere che feconderebbe tutta una vita. Questi momenti straordinari hanno la virtù di far sparire all’improvviso tutto ciò che la persona che li vive riteneva importante, e così il solco dei suoi pensieri resta come annegato in un mare che lo invade».
*** María ZAMBRANO, 1904-1991, filosofa e saggista spagnola, Note di un metodo, 1989, a cura di Stefania Tarantino, Filema Edizioni, 2003. Citato in 'Il Margine', mensile, ottobre 2004, n.8, qui
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