sabato 10 dicembre 2016

#FAVOLE & RACCONTI / La bambina e il cieco (M. Ferrario)

La giornata si annunciava mite: il freddo invernale cedeva al primo sole di primavera. Messi via cappotti e giacconi pesanti, la gente indossava vestiti leggeri e, anche per il nuovo clima, sembrava più allegra, vivace, disponibile.

Era una zona nuova: centrale, molto frequentata. 
L'aveva scelta nella speranza di raggranellare qualche spicciolo in più del solito. 
Aveva una pensione misera: solo con quella non ce la faceva ad arrivare a fine mese.
Si era seduto sul marciapiede, appoggiando la schiena al muro di un palazzo. 
Stava lì dalla mattina presto: il viavai delle persone era continuo.
Era vestito dignitosamente: abiti usati, ma non sporchi, e occhiali scuri che nascondessero gli occhi. Tanto vedevano soltanto il buio. 
Vicino a sé, in una posizione che non disturbasse il passo di chi correva per gli impegni della giornata, aveva sistemato un cappello rovesciato, pronto a ricevere le offerte. 
Accanto, un pezzo di cartone, con una scritta, in caratteri maiuscoli un po' tremolanti, ma ben visibile: «Sono cieco, se mi aiutate vi ringrazio».

Dopo pranzo, una bambina stava andando dalla sua amica: un po' di compiti e poi sarebbero andate al parco.
Notò il vecchio e vide il cappello: dentro pochi centesimi. Si fermò, si chinò e versò una moneta da due euro: gliela aveva data la mamma per la merenda.
Poi, senza chiedere permesso al cieco, prese il cartone, lo girò e con un pennarello rosso vi scrisse sopra un'altra frase. Quindi lasciò il cartello con la nuova scritta nella stessa posizione di prima, di fianco al cappello.

Il cieco si accorse che una persona si era fermata davanti a lui e aveva scritto qualcosa sul retro del cartone. 
Le chiese cosa avesse scritto, ma la bambina gli rispose solo con l’augurio di un buon pomeriggio.
«Tornerò», lo assicurò. «Ora ho fretta, sono in ritardo».

Il cieco, dalla voce cristallina, capì che si trattava di una bambina, ma volle sincerarsene:
«Ma tu sei una bambina?»
«Certo» rispose lei con orgoglio. «E scrivo molto bene, te lo assicuro: faccio la quinta elementare.»
Il cieco non trattenne una risata. 
«Non lo metto in dubbio. Devi essere molto brava a scuola...».
La bambina si schermì: 
«Non esageriamo. Me la cavo. Ma ora, scusami, devo proprio andare: ho la mia amica che mi aspetta. Se tu sei qui ancora a fine pomeriggio, ci vediamo».
L'uomo la rassicurò:
«Ci sarò senz'altro. Ti aspetto»

Verso sera, la bambina, tornando a casa, ripassò dal cieco. 
Il cappello era pieno di monete e di banconote.
Il cieco se n'era accorto, perché aveva appena controllato con la mano: era al settimo cielo, anche se non si spiegava le ragioni di questa improvvisa generosità da parte delle persone che passavano.
Riconobbe subito il passo della bambina.

«Ah, ma allora sei tornata..!»
La salutò con calore e con la mano le toccò il braccio per trattenerla almeno un minuto.
Lei rispose al saluto, accarezzandogli la spalla.
«L'avevo promesso. E io cerco di mantenere sempre ciò che dico. Sai, volevo vederti e soprattutto volevo vedere il tuo cappello...»
«E' pieno» esclamò gongolando l'uomo.

Il cieco non aveva dubbi, ma volle rassicurarsi.
«Dunque sei tu che stamattina hai scritto qualcosa sul mio cartone, vero?».
«Sì» rispose la bambina.
«E cosa vi hai scritto?».

La bambina aveva la risposta pronta.
«Nulla che non sia vero: ho solamente scritto la tua frase in un altro modo. Ma adesso, scusami, devo correre: la mamma mi aspetta per la cena e non voglio farla impensierire. Se tu sei qui anche domani, ti vengo a trovare e magari ci conosciamo meglio...».

Prima di andarsene, gettò ancora uno sguardo soddisfatto al cappello traboccante di monete.

Sul pezzo di cartone, bene in vista, con i suoi caratteri rossi, era scritto: 
«Oggi è primavera e io non posso vederla».

*** Massimo Ferrario, La bambina e il cieco, 2013-2016, per Mixtura. Libera riscrittura di una breve storia molto nota, di autore anonimo, diffusa anche in internet.


In Mixtura altri miei contributi nella sezione #Favole&Racconti qui

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