domenica 18 settembre 2016

#SENZA_TAGLI / Soltanto un facchino (Michele Serra, Christian Raimo, Matteo Saudino)

Abdel Salam El Danaf, operaio egiziano di 53 anni, padre di cinque figli, è morto schiacciato da un camion nel piazzale di carico e scarico dell'azienda Gls, Piacenza, settore logistica. 
I suoi colleghi di lavoro dicono che era in corso una manifestazione sindacale e che il camionista è stato esortato da imprecisati "dirigenti dell'azienda" a forzare il picchetto. 
La magistratura inquirente sostiene che non c'era nessun picchetto e si è trattato di un omicidio stradale come ce ne sono tanti. 

La distanza tra le due verità è enorme. Così enorme che non si riesce a farla rientrare nel fisiologico arco dei diversi punti di vista di chi racconta un fatto. Così enorme che è inevitabile pensare alla distanza crescente tra la voce operaia - che sta tornando a essere di debolezza ottocentesca, quasi presindacale - e un palcoscenico sociale che sembra averla relegata dietro le quinte: come un rumore di fondo. 

È esattamente nel nome di questa debolezza, politica e mediatica, che è indispensabile parlare di Abdel. 
E di pretendere che gli attori sociali toccati dalla vicenda - la Procura di Piacenza, il governo e in specie il Ministero del Lavoro, l'azienda presso la quale Abdel lavorava e davanti alla quale Abdel è morto, i media - cerchino di ricomporre i brandelli di verità disponibili, con la stessa pietà e lo stesso rispetto con il quale si ricompone il corpo di una vittima.


*** Michele SERRA, giornalista, scrittore, 'l'amaca', 'la Repubblica', 17 settembre 2016, qui


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Molti giornali raccontano la storia della morte dell'operaio morto a Piacenza raccontando "le due versioni" - procura contro Usb - e dicendo che la verità è difficile da accertare. 
Mi sembra come spesso capita in questi casi una modalità pilatesca.
I giornali possono accertare la verità almeno parziale.
Possono per esempio affermare che c'era una manifestazione alle 3 di notte davanti alla fabbrica.
Possono mostrare i video delle telecamere e ragionare sul perché un camion di quelle dimensioni procede così veloce e a scatti in un ambiente così stretto con decine di operai accanto.
Possono raccontare le decine di manifestazioni piene di tensioni che si sono succedute in questi anni.
Possono raccontare le battaglie sindacali - molte delle quali vinte - che hanno condotto i lavoratori della logistica contro forme di sfruttamento ottocentesco.
Possono descrivere le condizioni di lavoro della logistica in Italia.
Possono chiedere al procuratore il perché delle sue certezze così nette sull'accaduto a sole tre ore dall'incidente, quando gli unici testimoni oculari che può citare sono due poliziotti contro trenta operai. 

È troppo comodo dire Ecco le due versioni e pensare di aver fatto un giornalismo equilibrato.

*** Christian RAIMO, giornalista, scrittore, 'facebook', 17 settembre 2016, qui

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Per un facchino morto...
Quante storie per la morte di un facchino (o fachiro come ho sentito dire in un bar) di origini egiziane. Si tratta solo di uno sciagurato incidente. 
E poi diciamocela tutta: quell'operaio aveva solo da non fare sciopero e non organizzare facinorosi picchetti che impediscono ai laboriosi e zelanti padroncini camionisti di svolgere il loro lavoro. 
Quest'ultimi sì che hanno a cuore l'Italia e la produttività, non come quei lavoratori che perdono tempo a lottare contro la precarietà e lo sfruttamento e per un salario che permetta una vita minimamente dignitosa.
Cose vecchie, novecentesche. Io addirittura farei rientrare questo tipo di omicidio nelle misure da adottare per rendere il mercato del lavoro più flessibile e competitivo.
Inoltre per un egiziano che muore quanti altri disoccupati a disposizione ci sono.
Non preoccupiamoci, il capitalismo ha sempre una menzogna da raccontarci.

*** Matteo SAUDINO, insegnante, 'facebook', 17 settembre 2016, qui

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